12ª domenica tempo ordinario Mc 4,35-41

 
 

– a cura di Mons. Sergio Salvini –

Afferma un proverbio inglese: «Ogni bisogno estremo dell’uomo è un’opportunità per Dio».
Nella tempesta come nella calma, nella malattia come quando si sta bene, nella prova come nella prosperità, nella povertà come nell’abbondanza, Gesù Cristo è la verità alla quale la fede può aggrapparsi in tutti i tempi e in tutte le circostanze.

Il Vangelo racconta che la tempesta è violenta e la barca piena d’acqua; i discepoli sono ridotti allo stremo, alla fine delle risorse. Il Signore dorme.

Se, sganciati da ogni agitazione, consideriamo i fatti con obiettività, nulla ci pare più assurdo dell’incredulità. Nella scena della tempesta, l’incredulità degli apostoli è irragionevole. È mai possibile che la barca affondi con sopra il Figlio di Dio? Ma la paura è grande.

Dal punto di vista umano i discepoli sono persi, la situazione è disperata. Un cuore incredulo ragiona sempre così: esso guarda alle circostanze lasciando Dio da parte. La fede, invece, guarda a Dio e considera le circostanze alla luce della sua Parola. Che differenza! La fede entra in attività quando l’uomo è allo stremo, semplicemente perché in quel caso c’è un’opportunità per Dio.

Alla fede piace concentrarsi in Dio e trovarsi dove per la creatura c’è il vuoto, per lasciare che il Creatore spieghi la sua gloria. È proprio quello il momento in cui raccogliere tanti vasi vuoti, come aveva fatto la povera vedova rimasta con poco olio. Vasi vuoti affinché sia Dio a riempirli.

I discepoli avrebbero potuto addormentarsi vicino al loro Maestro, anche in mezzo alla tempesta. Il Signore, uomo come noi, dorme su un cuscino, cullato dalle onde del mare; c’è il Creatore in quella barca. Colui che aveva creato il mare e poteva tenere i venti nella sua mano potente, dorme lì, nel fondo della barca, e permette al vento di trattarlo senza riguardi, come se fosse un uomo qualunque. Così, è l’incredulità a svegliare il Signore: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?». Bella domanda! Una domanda che nei nostri pensieri affiora spesso.

Se come uomo, stanco del lavoro, Gesù dorme su un guanciale, come Dio si alza e con la sua voce potente zittisce il vento impetuoso: taci, càlmati! Questo ci attesta che il suo amore è sempre pronto a soccorrerci e a proteggerci, anche se i nostri cuori increduli sono sovente portati a dubitare della sua parola. Egli non agisce verso di noi secondo quello che noi pensiamo di Lui, ma secondo il suo perfetto amore per noi. È su questo amore che dobbiamo appoggiarci per essere riconfortati attraversando il mare agitato. Cristo è nella barca con noi. E questo ci deve bastare.

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«Vi lascio un consiglio: chiamatelo, invocate il suo nome come fecero gli apostoli sul lago e la nostra barca non affonderà, la nostra vita non andrà persa» (Paolo VI)