13ª domenica tempo ordinario Mc 5,21-43

 
 

– a cura di Mons. Sergio Salvini –

Da sempre Dio è il Dio della vita, il Padre che non si è arreso di fronte al peccato, alla ribellione della sua creatura, tanto che, per riconciliarla a sé, ha assunto, nella persona del Figlio la stessa natura umana, e, in Lui, si è offerto alla morte, per far risorgere, nella sua resurrezione, ogni uomo che voglia credere in Colui, che ha vinto il peccato e la morte, e con essa, ha vinto il dolore.

Il testo del Vangelo ci pone di fronte a due diverse situazioni di sofferenza. Ma da sempre dinanzi alla malattia e alla morte l’uomo si spaventa ed è tentato di lasciarsi prendere dallo scoraggiamento. Ecco due donne guarite, ovvero due miracoli in uno: la guarigione della donna che soffriva di perdite sanguigne e la resurrezione della figlia di Giairo.

In entrambi i casi vengono poste in rilievo due realtà, il cammino di fede dei personaggi e la potenza salvifica del Signore. In entrambi i casi, i destinatari del miracolo sono due donne, una che soffre «da dodici anni», l’altra di appena dodici anni di età; l’insistenza sul numero dodici è un segno del fatto che l’Evangelista vuole farci scoprire il senso profondo di questi due episodi. Il numero dodici rimanda evidentemente alle tribù d’Israele; nella salvezza offerta alle due donne è tutto Israele che viene idealmente salvato.

Il cammino di fede che Marco ci mostra in questi testi deve proseguire; alla fede della donna si contrappone lo scherno di coloro che ritengono incredibile l’atteggiamento di Gesù di fronte alla figlia di Giairo. Egli invita il padre a una fede che va al di là della morte stessa: «Non temere, continua solo ad avere fede!». Di fronte a Gesù, occorre prendere posizione.

Se per la donna la salvezza è nata dal toccare Gesù, per la figlia di Giairo nasce, invece, dall’essere toccata da lui. L’importanza che l’episodio della resurrezione della bimba ha all’interno della narrazione è accresciuta dall’uso delle parole aramaiche poste in bocca a Gesù: «Talità kum», fanciulla, alzati! Marco nel suo Vangelo, ricrea la fede degli ascoltatori nella realtà delle azioni compiute dal Signore. Nel nostro caso, si tratta di comprendere e di credere come, di fronte alla morte, Gesù si riveli il Signore della vita.

La fede non è una porta che si chiude: è una porta che si apre per non chiudersi mai più.

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«Noi non dobbiamo mai smettere di avere fede in Dio, perché Lui aiuta, sostiene e indirizza sempre verso la strada giusta, quella che consente di scegliere la retta via anche nei momenti più difficili» (Paolo VI).