24ª domenica tempo ordinario Lc 15, 1-32
Dio sa cogliere in noi la bellezza –
a cura di Don Luciano Condina –
Il lungo vangelo di questa domenica presenta tre parabole: la pecora e la moneta perdute, il padre misericordioso. Avendo già meditato su quest’ultima ci concentreremo sulle prime due, le uniche presenti nella forma breve del lezionario.
Gesù propone questi esempi perché accusato dai farisei di accogliere i peccatori e mangiare con loro, di non riprovare il loro comportamento. Tanto più che i pubblicani erano ebrei considerati peccatori pubblici, poiché riscuotevano le tasse per conto di Roma e, da veri aguzzini, tormentavano il popolo con richieste di danaro ingiuste. Se qualche lettore ha mai ricevuto una cartella esattoriale errata su soldi non dovuti all’erario, può capire l’odio nutrito verso costoro. Matteo l’evangelista era uno di essi.
Per uscire da una mentalità giustizialista ed entrare invece nella relazione che Dio, in quanto padre, vuole stabilire con il peccatore, che resta sempre suo figlio, Gesù racconta le due parabole citate. Il pastore e la donna cercano rispettivamente la pecora e la dramma perduta. Perché? Sanno che ci sono da qualche parte e non hanno pace finché non le trovano. Perché Dio è insistente e misericordioso con noi? Perché vede cos’è latente in noi, momentaneamente perduto; vede cosa ci siamo persi di noi stessi, ossia il nostro essere suoi figli.
Quante volte si guarda una persona e la si disprezza non vedendoci niente di buono! Dio, invece, la guarda in un’altra maniera perché conosce le sue potenzialità. Egli può trarre da un peccatore un santo, da un violento un misericordioso, da chi ha compiuto un errore madornale, terribile, indicibile una persona mite, tenera, sapiente, che saprà aiutare qualcun altro. La storia della santità è colma di casi simili: san Camillo de Lellis, ad esempio.
Cosa cerca Dio in noi? Quello che non sappiamo esistere. Quella moneta, un valore nascosto. Ecco perché Gesù accoglie i pubblicani e i peccatori: sa che dentro di loro esiste una potenzialità e distingue la persona dall’errore compiuto; anche chi ha fatto cose indicibili, dopo aver toccato il fondo, può prendere lo slancio per un salto nella sublimità. Dio come Padre ci vede con lo sguardo dell’innamorato. E il difetto principale degli innamorati è che hanno le fette di prosciutto davanti agli occhi, non riescono a vedere i difetti della persona amata ma solo i pregi e le potenzialità belle. Pensiamo ai disegnini dei bambini: sono oggettivamente composti di forme quasi incomprensibili, eppure per i loro genitori quegli scarabocchi sono capolavori assoluti, contemplati con gli occhi lucidi per la commozione. E tutti noi, almeno una volta, abbiamo dovuto fingere la medesima ammirazione per non deludere la gioia dei genitori.
Dio, guardandoci, ritrova in noi la sua immagine stampata nel profondo dell’essere, magari sepolta sotto le stupidaggini, smarrita nelle più scoscese parti della nostra interiorità. Ciò che conta per Lui è chi siamo: suoi figli! Quante volte ci siamo rassegnati a noi stessi, dandoci per persi, abbandonandoci a vizi e bruttezze, perché abbiamo sentenziato che tanto in noi non esiste alcuna bellezza… Invece quella bellezza c’è e si può sempre ritrovare.
Con la parola di questa domenica Dio viene a cercarci: facciamoci trovare. Se una pecora bela può darsi che il pastore la recuperi in fretta: mettiamoci a belare, chiediamo aiuto, crediamo al pastore che ci sta cercando, nella consapevolezza che Dio è nostro padre.