2ª Domenica Anno A
la Comunità della Trasfigurazione commenta il Vangelo di Gv 1,29-34
Giovanni Battista annuncia la venuta dell’“Agnello di Dio”
Dopo il Prologo, il Vangelo di Giovanni ci presenta un’intera settimana in cui segue gli avvenimenti della vita di Gesù passo dopo passo. Il brano di oggi si colloca al secondo giorno e invita a posare lo sguardo su di Lui e a contemplarne il mistero attraverso le parole e la testimonianza del Battista. In primo luogo, questi dice di vedere Gesù «venire» verso di lui; non viene, però, per farsi battezzare, in quanto il battesimo è già avvenuto, già si è visto lo Spirito scendere su Colui che sarà chiamato «Figlio di Dio».
Questo «venire» richiama piuttosto il mistero del Verbo che si è incarnato, come evoca la frequente ripetizione di tale termine nel Prologo. Gesù viene e Giovanni lo riconosce come «l’Agnello di Dio». Il termine «Agnello» può riferirsi alla Pasqua o anche all’Apocalisse, ma rimanda soprattutto all’idea di sacrificio, di un dono offerto a Dio perché si possa vivere la relazione con Lui, una relazione che attraverso tale offerta viene ricomposta. Ciò può accadere in quanto egli toglie, leva il peccato del mondo: il peccato è ciò che crea la distanza fra l’uomo e Dio, è quanto mantiene separati la terra e il cielo. Il Battista annuncia, quindi, che Colui che viene ricreerà la comunione fra il mondo di Dio e quello degli uomini facendosi carico del nostro peccato e accettandone le conseguenze. Ogni volta in cui partecipiamo alla celebrazione dell’Eucaristia sentiamo ripetere le stesse parole: «Ecco l’Agnello di Dio…», ma l’abitudine rischia di creare assuefazione, impedendoci di coglierne il senso profondo.
Il Vangelo di questa domenica ci offre l’opportunità di approfondirne e ravvivarne il significato, ma soprattutto di lasciar sorgere nel nostro cuore sentimenti di intensa gratitudine per Colui che ha preso su di sé il peso che ci schiacciava, quanto impediva alla vita di Dio di plasmare e trasformare la nostra vita a causa della separazione creata dal peccato.
Il Battista afferma inoltre che, fino a un momento specifico della sua vita di cui parlerà in seguito, egli non conosceva Gesù. In realtà Luca narra come, quando Giovanni era ancora nel seno della madre, lo avesse riconosciuto sobbalzando nel suo grembo. Da quel momento tutti i suoi desideri e le sue attese saranno orientati e unificati in una sola direzione: l’incontro con colui di cui percepisce l’origine misteriosa, un’origine che lo precede benché la sua nascita sia antecedente. Ora egli gusta il compimento di quell’attesa, che finalmente ha assunto un volto e un nome: ora lo conosce veramente.
Questa capacità del Battista di far convergere ogni suo desiderio verso un unico fine – l’incontro con Gesù – ci interpella in merito alle nostre attese, che possono essere orientate verso tanti piccoli beni parziali e rischiano di farci vivere in modo frammentato.
Giovanni, invece, può testimoniare e contemplare la realizzazione piena di ogni sua aspirazione, grazie al riconoscimento di un segno: la discesa dello Spirito su Gesù, che rimane su di lui come presenza costante e duratura. Quello Spirito, che all’inizio dei tempi aleggiava sulle acque, ha finalmente trovato nell’uomo Gesù uno spazio in cui dimorare, un luogo in cui la sua divinità può pienamente congiungersi alla nostra umanità.
Di quest’uomo il Padre afferma, come abbiamo ascoltato domenica scorsa, che è suo Figlio. Qui, invece, è il Battista a rivelarci tale verità di cui è divenuto testimone.