32ª domenica tempo ordinario

 
 

don Luciano Condina commenta il Vangelo di Mc 12,38-44

La vedova che dona tutto ciò che ha ci insegna a condividere

Con i due spiccioli versati nel tesoro del tempio dalla vedova, affrontiamo il tema della radicalità necessaria per una relazione autentica con Dio. Il tesoro veniva finalizzato al culto e al sostegno dei poveri, dunque rimanda all’amore verso Dio e verso il prossimo.

Due i personaggi contrapposti: lo scriba e la vedova.

Lo scriba è colui che riceve i saluti, ha i primi seggi, ha vesti lunghe e appariscenti: una figura grottesca, narcisistica, senza dubbio antipatica, che si nutre di apparenza e con avidità «divora la casa delle vedove» (Mc 12,40). Lo scriba è uno che lavora perennemente per sfamare l’enorme bocca da nutrire che è il suo ego. È un uomo vano, non ha un suo centro dell’essere; trova senso esistenziale nell’adulazione e, se disprezzato, muore. Sfrutta la religione per dare corso al suo modo di essere.

Al pari di lui, anche noi abbiamo il bisogno di essere guardati, riconosciuti e stimati. La vita basata sull’assecondare lo sguardo altrui è di quattro soldi, non vale niente. Questo “idolo”,  presto o tardi, porta a sacrificare le cose importanti, che hanno reale valore.

Certamente tanta antipatia verso la Chiesa nasce dalla pessima testimonianza degli scribi di oggi. Il mondo non ce l’ha con i cristiani perché tali ma, in fondo, li rimprovera perché non lo sono abbastanza. Abbiamo la luce, abbiamo il sale che dà sapore e non illuminiamo e non diamo gusto. Questo il mondo non ce lo perdona.

oi c’è la vedova. Ha due spiccioli e avrebbe potuto tenerne uno per sé donando l’altro. Se avesse fatto così, avrebbe agito secondo mezza misura; ma questa donna non vive di mediocrità, di compromessi: ama con tutto ciò che ha. È l’unico modo per poter sperimentare la potenza e la grandezza di Dio nella propria vita: Lui con noi si gioca tutto, fino a morire; se abbiamo il coraggio di fare lo stesso, non ci mancherà mai il cibo per andare avanti, come accade alla vedova di Sarepta della prima lettura, che avrà con sé la presenza di Dio tramite il profeta Elia.

Il gesto di gettare i due spiccioli nel tesoro del tempio mi ha fatto pensare, per parallelismo opposto, a Pinocchio che semina le sue monete nel Campo dei miracoli, irretito dal Gatto e dalla Volpe.

Tutti noi siamo la vedova, rimasti vedovi del mondo che ci ha ammaliato, conquistato ed è morto nelle sue promesse non mantenute di felicità; tutti noi abbiamo solo due spiccioli in tasca che simboleggiano la nostra vita, le nostre povere risorse che, messe tutte insieme, «fanno un soldo» (Mc 12,42). Costituiscono il poco che possediamo: un po’ di salute, la forza che abbiamo, le nostre risorse, economiche e non. Si possono perdere in un istante e sappiamo bene che non bastano minimamente a fare la nostra felicità. Ma a questi due spiccioli siamo attaccatissimi e non li molliamo per nulla al mondo.

Possiamo fare come Pinocchio che, pensando di moltiplicare per sé, li semina nel posto sbagliato, e rimarrà con un palmo di naso. Possiamo gettarli, donarli, investirli nel tesoro del tempio finalizzato al culto e ai poveri, a Dio e al prossimo, per sperimentare la presenza del Signore nella nostra vita.Non si può amare offrendo solo il superfluo, ma donando il necessario, ciò che è vitale. Finché Dio ci tocca sul superfluo vivremo solo superficialmente la relazione con Lui.

La simpatia e l’affetto di Gesù per la vedova è grande, perché, di lì a poco, Egli farà lo stesso: donerà tutto ciò che ha, tutto se stesso.