32ª domenica tempo ordinario Lc 20,27.34-38
– Gesù è il Dio dei vivi –
a cura di Mons. Sergio Salvini –
Per annunciare la resurrezione Gesù insegna la storia: ricorda i memoriali legati ai Patriarchi e, in modo particolare, riconduce i sadducei all’alba della Pasqua, profezia di quella che Egli avrebbe vissuto nella sua Passione. In essa Dio si rivela e depone i semi. Così giunge al mistero del roveto ardente, immagine della sua vita che non ha subito la corruzione nelle fiamme degli inferi. È qui la risposta per i sadducei, perché «non osino più» mettere in dubbio il destino di risurrezione che attende ogni uomo. La loro domanda, infatti, è una traduzione della domanda di Mosè: «Chi sei?». In quel roveto che non si consumava appare la risposta: «Io sono colui che sono».
La risurrezione non è un’ipotesi, una speculazione, è Dio che si rivela a Mosè, ardendo di un amore che non si consuma, ma brucia la morte e il peccato. È bello pensare, sulla soglia della Porta santa del Giubileo che sta per chiudere i battenti, che Gesù maestro è risurrezione e vita, è colui che ha il potere di liberare dalla schiavitù. Ci libera con misericordia, perché Lui è Dio, Lui è Kyrios: è il Signore!
Nella risposta di Dio a Mosè e in quella di Gesù ai sadducei non esiste passato né futuro, solo il presente eterno reso possibile da Cristo che ha sconfitto la morte e il peccato ed è risuscitato. Gesù è stato giudicato degno dell’altro mondo per essersi umiliato sino alla morte di croce, per non essersi difeso, per aver offerto la propria vita. Dio è il Dio dei “vivi”, che vuole trasfigurare anche la nostra carne incapace di andare oltre la biologia ferita dal peccato. Egli ha inaugurato per noi l’ottavo giorno del quale, con i sadducei di ogni tempo, anche tutti noi, schiacciati nel dubbio di fronte al dolore e alla morte, non potevamo sospettare l’esistenza.
È vero, siamo schiavi di una carne incapace di andare oltre la biologia ferita dal peccato. Siamo sterili, le tentiamo tutte, ma la vita ci scappa di mano. Il lavoro, il matrimonio, le amicizie sono incapaci di darci una discendenza, il sigillo dell’eternità, l’amore che sfugga alla corruzione. Ma siamo chiamati a ben altro!
La vita di Dio plana sulla terra e stravolge l’equilibrio precario dettato dalla corruzione, figlia del peccato: possiamo vivere una vita feconda di frutti che rimangano, in un amore che, tra le fiamme della storia, non si consumi e sia capace di perdonare. Esiste la risurrezione perché proprio noi “esistiamo per Lui”; in tutto si vede che il Dio dei vivi è sempre con noi, come lo è stato nella storia della salvezza con Abramo, Isacco e Giacobbe, come ha soccorso e risuscitato il suo Figlio per fare della nostra storia un frammento dell’Eternità.