27ª domenica tempo ordinario
don Giovanni Berti commenta il Vangelo di Mc 10,2-16
Il matrimonio è manifestazione di Dio
Dio non vuole il divorzio!
La tentazione di ridurre il brano di Vangelo con questa affermazione sintetica è forte. Infatti si tratterebbe di una vera e propria “riduzione” e un “impoverimento” del messaggio nella sua complessità e ricchezza.
Il Maestro è “messo alla prova”. Chi lo interroga ha solo l’intenzione di dimostrare che Gesù si pone al di fuori degli insegnamenti di Dio tramandati dalla Scrittura. I farisei vogliono che Gesù si metta contro Mosè. E lo fanno su una questione molto delicata: quella del matrimonio. È assai difficile entrare nelle questioni del tempo di Cristo ed esistono profonde differenze tra la concezione del matrimonio nell’ambiente di allora rispetto ai tempi nostri. Oggi si punta molto sulla scelta consapevole dei due in base ad un legame d’amore. Allora prevaleva il contratto tra famiglie, che metteva insieme i due sposi non sempre sulla base di una loro libera scelta d’amore.
Gesù, come al solito, eleva la questione dall’aspetto giuridico (la norma di Mosè che permetteva il ripudio) al livello spirituale e teologico: richiama il piano originario di Dio che ha creato gli esseri umani perché vivano nell’armonia più profonda, sapendo che proprio nell’amore perfetto Egli si manifesta. Gesù vede nel matrimonio tra l’uomo e la donna non un semplice contratto sociale (che si può contrarre e anche sciogliere), ma una manifestazione di Dio stesso. Lui ha creato la relazione umana che nel matrimonio ha il suo esempio più grande, ma che non è l’unico. In ogni unione umana esiste una manifestazione di Dio. E ogni volta che si vive la rottura e la separazione tra persone che si vogliono bene, in un certo senso, Dio viene “sconfitto” e appare lontano.
Rispondendo ai farisei, Gesù indica il motivo per il quale Mosè permette il divorzio: la durezza di cuore, in cui possiamo riconoscere la difficoltà di amare e amare per sempre che c’è in ogni uomo e donna della terra. Solo Gesù ama in modo perfetto e senza fine. L’uomo invece è segnato da questa durezza che gli impedisce spesso di portare avanti i legami che cerca di costruire.
Sarebbe riduttivo riassumere l’insegnamento di Gesù con un’altra norma giuridica, con un semplice “no” al divorzio. La questione nella Chiesa, a volte, sembra bloccata solo a questo livello: chi è contrario e chi favorevole. Non so da che parte si schiererebbe il Signore in un eventuale dibattito sul divorzio e quindi la possibilità di una nuova unione. Certo è che richiama i farisei e i suoi discepoli alla verità che sta dentro ognuno di noi: siamo capaci di amare e di amare per sempre, anche se la durezza del cuore e della vita ci portano spesso a fallire nelle nostre unioni.
Alla fine del racconto, Gesù ci viene mostrato ancora una volta con dei bambini attorno: «A chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio», afferma. Il bambino, all’inizio della sua vita, guarda al futuro con occhi nuovi e non “viziati” dall’esperienza che rende spesso pessimisti. Penso sia anche in questo senso che Gesù invita ad essere come i bambini: non perdere mai la fiducia nella nostra capacità di amare e di costruire legami, anche se spesso la vita e i fallimenti ci hanno segnato e ci possono portare al pessimismo, anticamera della vera solitudine. E come Chiesa, fatta di uomini e donne duri di cuore, siamo chiamati a non mettere mai la norma e le leggi, davanti alla vita delle persone, ma ad assumere lo stile di Gesù che, accogliendo ogni storia, anche la più storta e sofferente, le dona nuovo impulso di vita.