6ª Domenica Anno C

Lc 6,
 
 
Lc 6,

don Luciano Condina commente il Vangelo di Lc 6,17.20-26

La nostra miseria è la porta attraverso sui Dio entra nel nostra cuore

Nel vangelo di Luca le beatitudini sono quattro e vengono opposte a quattro annunci di sventura. Bisogna subito notare che la beatitudine non è una gioia passeggera, bensì profonda: il beato è un sapiente, è una persona che ha imparato l’arte di vivere.

Queste beatitudini raccontano una sorta di viaggio alla scoperta delle potenzialità nascoste nelle parti più povere della nostra vita. Scopriamo quindi che la felicità passa dall’accogliere condizioni che generalmente rifiutiamo e allontaniamo dalla nostra vita, ma che liberano la potenza di Dio, un’opera, una sorpresa, la sua irruzione nella nostra vita.

«Beati voi, che ora avete fame… che ora piangete… ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione… che ora siete sazi… che ora ridete». Tutto si decide su come “state ora”, in questo preciso momento, e se siete ben messi, guai a voi. Questo suona irritante, quasi fosse una colpa star bene.

Si capisce meglio da come prosegue Gesù nel discorso: «Ma a voi che ascoltate, io dico…». Questa parola è salvifica per chi lo ascolterà. E chi è che ha desiderio di ascoltare? Chi ha fame di qualcosa: è questo il discrimine! Gli darà retta chi è povero, chi ha fame, chi sta piangendo. Perché un ricco ha già la sua consolazione e non ha dunque stimoli né probabilmente voglia di ascoltare il predicatore in questione.

Ecco allora il paradosso: la felicità di Cristo non è disponibile per chi ha la pancia piena. Chi è sazio e divertito è sbadato e appagato, non si rende conto della propria tiepidezza e delle trappole che lo aspettano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 48,13).

In noi dunque c’è una parte povera, ci sono lacrime, c’è qualcosa di incompleto e carente; e questa miseria è la porta d’ingresso del Salvatore. La preghiera entra per lo squarcio d’incompletezza che ci portiamo dentro e la percezione della nostra insufficienza è la nostra povera verità.

Sotto il punto di vista spirituale la nostra miseria è il nostro punto di forza, lo spazio in cui Dio può agire nella nostra vita. Eppure noi odiamo le nostre povertà… L’esperienza conferma che cercare di parlare al tronfio, al soddisfatto, al potente che è in noi risulta una battaglia persa.

«Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta c’è l’arroganza» (Proverbi 16,18).

Una frase che corrisponde a verità.