II domenica del Tempo ordinario

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

Ancora una volta la liturgia presenta la figura del Battista di cui in questo tempo abbiamo imparato a conoscere l’umiltà, l’assenza di pretese, l’ascesi rigorosa che fa di lui non solo “il più grande fra i nati di donna” (cf Mt 11,11) ma anche un uomo dal cuore puro. Ed è proprio questa purezza di cuore che gli permette non solo di vedere Colui che passa, ma anche di penetrare il mistero profondo della sua persona e di annunciarlo ai discepoli. Quell’uomo è “l’agnello di Dio”: un’immagine dalla simbologia ricchissima la cui funzione, come comprende Andrea chiamandolo “Messia”, è di permettere agli uomini l’ingresso in un modo nuovo di relazionarsi con Dio. Giovanni è anche una persona profondamente libera: egli non trattiene i discepoli per sé, quasi fossero sua proprietà, ma li lascia andare, anzi, è proprio lui con il suo “ecco” che indica loro Colui che devono seguire. Egli “sta”, ma ora si tratta di entrare in un dinamismo nuovo, andando dietro a chi non sta ma cammina, guidato dalla forza dello Spirito Santo che è energia, vitalità, movimento. La scena acquista così una vivacità nuova fatta di dinamicità, interrogativi, desideri, ricerca. Come per Giovanni lo sguardo di Gesù penetra in modo profondo l’interiorità di discepoli; voltandosi, egli pone loro la domanda appropriata, quella che va dritta al cuore: “che cosa cercate?”. È l’interrogativo fondamentale che interpella l’uomo il cui cuore inquieto cerca costantemente la felicità e non riposa finché non la trova in Dio. La risposta dei discepoli: “Maestro, dove dimori?” si colloca alla stessa profondità dell’interrogativo posto loro da Gesù: non si tratta, semplicemente, di individuare il luogo dove quel Rabbi risiede, ma di esprimere il desiderio più intimo e intenso presente nel cuore dell’uomo. Noi, infatti, non alloggiamo semplicemente in un posto, in una casa; il vero luogo dove abitiamo e in cui desideriamo stare e rimanere è il cuore delle persone a cui vogliamo bene. Scriveva Jacques Maritain a proposito della moglie: “Se desiderate sapere dove mi trovo, non cercatemi dove sono, ma cercatemi dove amo e sono amato, nel cuore della mia Raissa”. La vera casa, il vero luogo dove vivere è l’amore, la comunione con l’altro. Nel caso dei discepoli tale comunione è ancora più intima, profonda e totalizzante rispetto a quella che un uomo può vivere con la sua amata; essa riguarda Gesù il quale, diversamente dal Battista abituato a definirsi in negativo, si presenta come Colui che È e ci fa essere, se custodiamo la relazione con Lui e ci mettiamo in cammino seguendo le sue orme. Il racconto prosegue mettendo in risalto la dinamicità da cui sono stati contagiati anche i discepoli. Il loro rimanere con Lui, infatti, ha la vivacità dei momenti indimenticabili, quelli la cui data si fissa nella memoria per non cancellarsi più, poiché da quelli istante in poi la vita cambia, si trasforma completamente; come accade per ogni esperienza che ha segnato la nostra esistenza, quindi, nasce immediatamente il desiderio o, meglio, la necessità di condividerla con coloro a cui vogliamo bene. Per questo vediamo Andrea che, incontrando il fratello Pietro, non può fare a meno di condurlo da Gesù. Se il desiderio di comunione, infatti, è interiore, intimo, profondo, esso è anche diffusivo e, come un fuoco ardente, si propaga volendo coinvolgere tutti, in primo luogo coloro che ci sono cari.