IV Domenica di Quaresima – “L’ABBRACCIO”
Il figliol prodigo (Giorgio De Chirico, 1922, Milano, Museo del 900)
Nella parabola che Gesù racconta, un uomo ha due figli e, nonostante non manchi loro nulla, il più giovane pretende la sua parte di eredità mentre il padre è ancora in vita. Ottenutala, si reca in un paese lontano dove spreca tutte le sue ricchezze tra banchetti e prostitute. [senza fonte] Ridotto alla fame, per sopravvivere è costretto a fare il mandriano di porci.
Medita pertanto in cuor suo di andare da suo padre e dirgli:
« Padre ho peccato contro il Cielo e contro di te, non merito di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi servi. » (Luca 15,18-19)
Ma, mentre è ancora per strada, il padre lo scorge e gli corre incontro, accogliendolo a braccia aperte. Il figlio allora dice al padre
« Padre mio ho peccato contro il Cielo e contro di te, non merito di essere chiamato tuo figlio. » (Luca 15,21)
Ma il padre lo interrompe e ordina ai suoi servi di preparare una grande festa per l’occasione, uccidendo allo scopo il “vitello grasso”.
Il primogenito non capisce perché al fratello dovrebbe essere riservato un simile trattamento, e ricorda al genitore che lui, che gli aveva sempre obbedito, non aveva mai ricevuto nemmeno un capretto per far festa con gli amici. Ma il padre risponde:
« Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. » (Luca 15,31-32)
La parabola, esprime bene la teologia distintiva di Luca dell’amore e della misericordia di Dio. Il perdono del figlio non è condizionato da buoni propositi; il padre infatti lo accoglie ancor prima che abbia la possibilità di parlare e di esprimere il proprio pentimento. Tale misericordia è ben espressa dalle azioni del padre stesso. Nella parabola è lui a compiere il primo passo. Una misericordia incondizionata motivata dal ritrovamento del figlio perso, “morto” e ritornato in vita. De Chirico ben rappresenta con questo quadro la parabola del Signor: il figlio è figura umile, sospesa tra vergogna e pentimento, il padre è forte, consolatore, ricco in misericordia e di amore verso il figlio che ha ritrovato la via. E’ un altro tema enormemente attuale, quello dei figli sradicati che troppo spesso non apprezzano i genitori fino a quando non ne comprendono importanza e sacrifici. Ma c’è un altro aspetto non secondario, quello del fratello che non comprende perché il padre restituisca amore a un figlio che lo ha abbandonato. Le ragioni del cuore sono importanti.
La Parola evangelica di questa quarta domenica di Quaresima, detta “Gaudete”, è assai nota: si tratta, infatti, della parabola del “Figliol prodigo”.
Vogliamo soffermarci su due momenti che vengono descritti in questo racconto che parla della vita di ogni credente – di ciascuno di noi – in questo cammino di conversione verso la Pasqua di risurrezione.
Il primo momento è la partenza del figlio minore: egli ha perso o smarrito la fiducia, la fede, nel “Padre” e questo rappresenta la radice di ogni peccato.
Il secondo è l’andata del “Padre” incontro al figlio: egli lo abbraccia, in segno di quella comunione, di quell’amore che ci lega da sempre a Dio; infatti, nonostante il figlio avesse cercato di rescindere questo rapporto con il “Padre”, quest’ultimo aveva continuato ad alimentarlo nel suo cuore.
Il cammino della vita è fatto di soste (“statio”), o addirittura di cadute: tuttavia, la quaresima ci dice che possiamo rialzarci, che possiamo riprendere il passo … Questa è la più alta penitenza che possiamo mettere in atto: essere così umili da riconoscerci peccatori e per questo stringere più forte quella mano tesa che il Signore ci porge.
“ Non sono più io che vivo, Cristo vive in me” ( Gal 2,20 ).
I tempi che viviamo, purtroppo, ci allontano dalla misericordia di Dio e ci guidano verso uno stile di vita capace, perlopiù, di egoismo e di egocentrismo.
Tuttavia, il Signore Dio “ Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” ( 2Cor. 1,3), non cesserà mai di amarci e di venire incontro ad ogni uomo. Il Padre misericordioso della parabola evangelica corre incontro a noi, ci accoglie, ci abbraccia e fa festa ogni volta che riusciamo a rientrare in noi stessi per comprendere che da soli non possiamo far nulla.
Ci invia a portare a tutti la gioia di averLo incontrato.
Come affermò Madre Teresa di Calcutta:
“ Per me, evangelizzare significa avere Gesù nel cuore e portarlo nei cuori degli altri”. Ecco la “nuova evangelizzazione”, che deve partire da ogni credente.