L’ambivalenza dell’infanzia

Nel  regno animale in genere il cucciolo è più grazioso dell’esemplare adulto. Ciò vale anche per l’uomo. Poi crescendo ci si trasforma o deforma.  Per meccanismi biologici a me ignoti la trasformazione/deformazione che l’uomo subisce crescendo è ben più vistosa che per altri animali. Il gattino cresce conservando forma e aspetto di gatto. Ciò non sempre capita per l’uomo: è faticoso infatti capacitarsi che Mosè salvato dalle acque e Eglon, re di Moab mostruosamente pingue (siamo nella Bibbia, libro dei Giudici 3,17-21), appartenessero alla stessa specie.

Ma la trasformazione non è solo di carrozzeria somatica, è anche un fatto di personalità  che comincia a differenziarsi quando il  “cucciolo di uomo” – come direbbe Kipling – abbandona la fanciullezza per addentrarsi nell’adolescenza. E’ un guizzo di inquietudine che mi coglie quando manipolo un bimbo per il battesimo. Penso al suo futuro ravvicinato: chissà se questo pupo così grazioso, innocente, fragile, privo di difese autonome, crescendo diventerà un san Domenico Savio o un giovane minotauro che stuprerà una ragazza in una latrina scolastica?  Pare sia accaduto in questi giorni. Altro che ambivalenza dell’infanzia! Lasciamo stare san Domenico Savio che, a confronto con certa  gioventù odierna, suscita solo malinconia. Rimaniamo fra minotauri e minotaure e censiamone le recenti scelleratezze: 1. brutale pestaggio  stradale fra ragazze quindicenni (o giù di lì), sotto lo sguardo divertito dei compagni che, riprendevano la scena col telefonino per poi immetterla nel web; 2. odiosa e implacabile persecuzione telematica di una ragazzina quattordicenne che finisce per buttarsi dalla finestra. Accontentiamoci di queste, mi pare che bastino, e ragioniamoci un po’  sopra.

In genere dinanzi a fatti così allarmanti si dice: «Tutta colpa dei genitori». Ma questa volta voglio tenere le parti dei genitori, i quali hanno certamente delle responsabilità, ma non tutte. Mi spiego.

I figli non si possono conoscere in casa, perché l’ambiente domestico o poco o tanto condiziona verso il bene (almeno così si spera). I figli “veri” si rivelano nel gruppo o branco che sia. Ma come fanno i genitori a spiarli quando sono intruppati fra loro? E’ ovvio che non possono mettere alle calcagna di ciascuno un investigatore privato. Quindi i genitori non possono sapere se loro figlio, passando dalla casa al gruppo, si trasformi da dottor Jekyll a mister Hyde.

Perché tanto imbarbarimento giovanile? Do una risposta suprema: perché è caduto in picchiata il timore di Dio. Questo, almeno su un foglio parrocchiale, bisogna poterlo dire.  Mi chiedo infatti in che conto sia tenuto oggi il timore di Dio, quando giunge con stillicidio semi-quotidiano la notizia, ormai monotona se non fosse atroce, di sterminio familiare con suicidio immediato dell’artefice.  Mi pare evidente che l’odierna atmosfera etica sia ben più inquinata dell’atmosfera che respiriamo.

Tutto ciò è alquanto sconfortante. In questa situazione non mi è facile avere fiducia nell’uomo che sta diventando sempre di più maestro e discepolo di odio. La  massima verità biblica intorno all’uomo la leggiamo in un arcaico soliloquio divino da me più volte ricordato: «Ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza» (Gen 8,21).  Questo proclama così solenne e autorevole, comprovato eloquentemente da fatti a noi contemporanei, non fa altro che tirare acqua al mulino del peccato originale: l’umanità è strutturalmente guasta. La redenzione rabbercia, ma i suoi risultati si vedranno in pienezza dell’altra vita, non in questa. In ogni caso un vaso incollato, anche se sta in piedi, non è più un vaso intatto.  Ma non esageriamo.

Il male è pacchiano e starnazza molto più del bene che fa meno notizia. Il bene non è estinto da questo pianeta e l’umanità non è malandrina al cento percento. L’ambivalenza infantile, da cui siamo partiti, non è obbligata a puntare verso il male e fortunatamente non sempre capita così. Esistono infatti santi proclamati e riconosciuti ed esistono santi clandestini, le cui virtù non schiamazzano e non attirano l’attenzione perché esercitate nella scialba quotidianità. Questo rappacifica un po’ l’umanità con se stessa aprendoci spiragli di blando ottimismo …

EMENDIAMO IL QUARTO COMANDAMENTO

Le nuove configurazione familiari, che anche da noi sono dietro l’angolo, obbligheranno a modificare la formulazione del quarto comandamento (onora il padre e la madre). Già l’avveniristica burocrazia scolastica (e ora ci si è messo anche l’Inps, se non ha già fatto marcia indietro) ha cominciato a pensionare l’obsoleta e omofoba terminologia a base di padre e madre: sono ormai anticaglie da mettere in soffitta a favore nelle nuove acquisizioni linguistiche privilegianti  l’unisex “genitore”. Che senso ha parlare ancora di padre e madre quando la moderna antropologia mette in pista la liberante possibilità di due padri o  due madri? Il termine genitore non si compromette sul sesso, perché va bene sia per genitori che sono un padre e una madre, sia per genitori che sono due padri, sia per genitori che sono due madri. Resta esclusa l’opzione “genitrice”, perché saremmo nuovamente daccapo. Non solo: ma bisognerà escogitare meccanismi grammaticali che de-sessualizzino la nutrice, la quale non potrà che neutralizzarsi un “nutrore”. In grammatica italiana l’invadenza maschile finirà per impossessarsi del femminile perdendo ogni riferimento sessuale. Sarà indispensabile ripristinare  il genere  neutro.

E’ un peccato infatti che le lingue neolatine abbiano perduto il genere neutro che si adatta a ogni tipo di realtà, senza tirare in ballo l’ingombro del sesso. Il genere grammaticale è cervelloticamente arbitrario: perché i calzoni devono essere maschili e le mutande femminili? Per giunta questi indumenti sono entrambi indossati da uomini e donne (più o meno). Sono più logiche le lingue anglosassoni che mettono al neutro tutto ciò che non è connotato da sesso anatomico. Vediamo dunque che i nuovi sviluppi dell’assetto familiare potranno avere ricadute non di poco conto anche sul sistema linguistico.

E per tornare al quarto comandamento, dopo questa necessaria divagazione, sarà inevitabile che i nuovi catechismi lo riformulino come segue: «Onora il genitore 1 e il genitore 2». Ci sarebbe da morir dal ridere se non ci fosse da morir dal piangere! 

EMENDIAMO ANCHE IL QUINTO COMANDAMENTO

Il parlamento belga ha approvato l’abbassamento della scelta di eutanasia a età infantile. Il genitore 1 e il genitore 2 potranno dire affettuosamente al figlioletto: «Lascia che ti ammazziamo, caro». Non più dunque “non uccidere” ma “uccidi pure, purché si tratti di tuo figlio”.

Ormai una distinzione oggettiva fra il bene e il male non esiste più. E’ in balìa delle maggioranze democratiche, che purtroppo sono fatte di uomini. E allora stiamo freschi.

I DUE GRILLI

Il Grillo sbraitante di M5S mi rende sempre più simpatico  il Grillo parlante di Pinocchio.