Festa della famiglia: echi di speranza per il futuro
Sin dalle 9.30 del mattino, domenica scorsa, famiglie con bambini al seguito e sporte alla mano, contenenti golose prelibatezze dolci e salate, affluivano in seminario per condividere una giornata vivificata dal sole estivo (e interiore) e attingere nuova energia da una “ricarica spirituale”, condita con un pizzico di brio. Coinvolgente l’accoglienza al ritmo di canti e bans per i bambini, cui si sono aggiunti, all’inizio un po’ timidamente, alcuni genitori e… potenziali nonni. Di seguito i lavori di gruppo, per riflettere ciascuno su un tema diverso: i talenti, le differenze, la gratuità, da cui trarre spunti illustrati poi nelle sintesi. Il confronto era gestito da una coppia guida e il primo passo è stato la conoscenza reciproca, attraverso una stringata presentazione personale, con l’aggiunta della qualità più apprezzata del rispettivo coniuge. Uno scambio proficuo e arricchente anche per gli sposi supercollaudati. Al pranzo, sotto l’artistico porticato di Juvarra, che risuonava di echi dalle tonalità più disparate, ha partecipato anche l’Arcivescovo. Veniva facile apostrofarlo, nel cuore, «don Marco» per la naturalezza dell’approccio con i bambini, il disinvolto gesticolare e il battere delle mani all’unisono, ritmati dalla preghiera canora prima di gustare la panissa di Mino Bergamasco, la premura verso le famiglie, che è passato a salutare, sorridendo, lungo l’interminabile tavolata. La sfida musicale del pomeriggio ha visto cimentarsi due agguerrite squadre, una femminile, l’altra maschile, con i figli equamente suddivisi tra loro; i concorrenti, di età diverse, hanno dato fondo a lontani ricordi giovanili e alle conoscenze più recenti, per sgolarsi in ritornelli nei quali dovevano comparire un determinato colore oppure un animale o una parola precisa.
Tre round diretti da due infaticabili animatori di Azione cattolica e conclusi 2-1 a favore delle quote rosa. Alla messa conclusiva, in cattedrale, bambini e famiglie sono giunti un tantino sfularmà, come si usa dire da queste parti, con le gote rosse, i capelli umidi, ma con un sorriso radioso. Un tenero virgulto “pel di carota” ha tentato a più riprese la scalata all’altare per annusare, come l’ape Maja, quei fiori variopinti tentatori, così a portata di mano (obiettivo raggiunto un’unica volta, prima che iniziasse la liturgia). Nell’omelia l’Arcivescovo, di nuovo con la massima spontaneità, ha coinvolto attivamente i bambini, ricevendone in cambio risposte sapienti. Sono stati loro a riconoscere l’importanza dell’amore di mamma e papà e dell’amico Gesù, al quale rivolgersi per godere in pienezza le gioie della vita e affrontare con coraggio le difficoltà. A dimostrazione di aver colto l’essenziale, all’offertorio hanno portato all’altare il cartellone realizzato, con l’aiuto degli animatori, mentre i genitori erano impegnati a riflettere tra loro: un grande albero con radici profonde e un tronco ben saldo, recanti i nomi di mamme e papà; sui possenti rami frondosi abbondanti frutti, che rappresentavano loro, i figli, dono di Dio. La messa è stata concelebrata da padre Enrico Masseroni che alla fine, su invito di mons. Arnolfo, ha incoraggiato tutti a «portarsi a casa la Pentecoste», lo «Spirito di Dio», per illuminare di speranza la vita dei giovani, in particolare degli adolescenti, uomini e donne del futuro.
di Ilde Lorenzola