2ª domenica tempo ordinario Gv 1,35-42

 
 

– a cura di Mons. Sergio Salvini –

Invochiamo lo Spirito d’amore –

È il tempo del quotidiano: quello che ci fa celebrare e meravigliarci per il regno simile al lievito nella pasta o al sale della terra. E il regno è una promessa. La promessa è una persona: Gesù di Nazareth. È il tempo in cui i cristiani imparano a stare nel mondo in compagnia del Vangelo… È il tempo della decisione, della scelta. Il Vangelo chiede di essere scelto e annunciato. Gesù chiede di essere seguito e la forza della verità sta nella sua parola e nel suo agire.
Il tempo ordinario è il tempo in cui impariamo i passi della fede, è il tempo del pellegrinaggio: anche noi, come Gesù e i discepoli, dobbiamo metterci in viaggio verso Gerusalemme. Scopriremo che la Pasqua sta alle spalle e davanti al nostro pellegrinare: fonte e culmine. In questa domenica ci introduce ancora Giovanni Battista che fissa lo sguardo su Gesù ed esclama: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo», qualificando così il Signore l’Agnello, vittima sacrificale per i nostri peccati.
Gesù è il vero agnello che si immola per il riscatto degli uomini e anche le parole del precursore sottolineano la portata di remissione dai peccati: «colui che toglie il peccato del mondo». Il «toglie» potrebbe anche intendersi come “si addossa, si fa carico”,  e pertanto espia nella propria carne il peccato dell’umanità. In altre parole Cristo, Agnello di Dio, non soltanto sulla croce toglie il peccato dell’umanità, ma lo toglie nel senso che ne sopporta, in vece nostra, tutte le pene; e il suo sangue è il prezzo del nostro riscatto. L’agnello è forse il più debole e indifeso degli animali. Un agnello, quando viene aggredito, non ha strumenti né possibilità di difesa: pertanto la figura di Gesù Agnello è ancora più significativa, poiché sottolinea come un Dio grande e onnipotente abbia scelto di adottare tanta mansuetudine per il bene dell’umanità.
Predicava San Carlo Borromeo in duomo a Milano nel lontano 1572: «Giovanni, il precursore, vedendo Gesù disse: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”. Quella meravigliosa prefigurazione ci ha insegnato che l’Agnello pasquale non poteva essere totalmente mangiato con i denti della contemplazione, ma doveva essere completamente bruciato nel fuoco dell’amore». Prosegue San Carlo: «Dio ha sempre così tanto amato gli uomini da pensare al modo di risollevarli quando essi erano appena caduti; e perché non si nutrissero dello stesso cibo destinato agli animali – contemplate l’infinita carità di Dio! – ha dato Se stesso in cibo all’uomo».
Questo è l’Agnello di Dio, questo è Dio, Parola divenuta carne.
San Paolo ci insegna che tutti siamo chiamati ad essere santi. La santità consiste nel lasciarsi guidare dallo Spirito, che forma in noi l’immagine del Figlio di Dio. Non è  vera una religione quando è rivolta solo a se stessi. È vera, solo se è rivolta a Dio e ai fratelli. La certezza della fede cristiana c’è quando ci apriamo alla comunione. Essere santi è testimoniare con la vita il sacrificio dell’Agnello facendo, come Lui, la volontà del Padre. Essere santi è essere luce. La redenzione è presente quando celebriamo l’Eucaristia, «tutte le volte che celebriamo questo sacrificio, si rende presente la nostra redenzione» (offertorio). Chiediamo lo Spirito di amore affinché viviamo uniti nell’amore a coloro che si alimentano con lo stesso pane.