II domenica tempo ordinario Gv 2,1-11
– Nozze di Cana: Dio e la Chiesa –
a cura di Mons. Sergio Salvini –
L’evangelista Giovanni, molto probabilmente, era un levita ebreo; in quanto ebreo della casta sacerdotale, parlava agli ebrei con simboli di grande evidenza per il popolo d’Israele. Il suo Vangelo è un grande contenitore di significati. Gesù compie dei segni, perché con essi vuole consolidare la fede di chi ascolta.
Questo modo di pensare, probabilmente a noi lontano culturalmente nel tempo, non risulta della stessa portata.
Il vino delle nozze di Cana è simbolo del rapporto tra l’uomo e Dio. Anche per noi il vino a tavola è propiziatore di convivialità tra i partecipanti al banchetto. Il vino è centrale nella mensa che accompagna l’Eucaristia. E quando Maria, dice al Figlio «Non hanno più vino» è la Madre che rivolge a Gesù questa preghiera: l’umanità non ha più il rapporto con Dio, fa’ qualcosa. Tutto avviene durante una festa di nozze.
Una situazione che avrebbe dovuto vedere – com’è solito – due protagonisti classici: gli sposi. Invece la narrazione si concentra su Gesù e Maria. Dunque, i protagonisti della nozze sono simbolicamente Dio e la Chiesa. E, affinché tra la Chiesa e Dio si ristabilisca il rapporto perduto, Gesù compie il miracolo che gli viene chiesto da Maria, la Donna della nuova creazione, che esorta gli uomini: fate tutto quello che Lui vi dirà.
Solo Gesù, infatti, può ristabilire la relazione intima tra Dio e l’uomo.
Bello lo stile di questa preghiera-richiesta di Maria, che ci insegna a parlare con suo Figlio Gesù, ci insegna il modo in cui bisogna pregare. Lei non supplica, non condiziona con offerte o sacrifici, non elenca meriti né critica o giudica se stessa o gli altri. Semplicemente pone davanti al Signore i fatti: «Non hanno più vino». C’è in questa osservazione mite un modo di rimettere tutto nelle mani di Dio, affinché agisca. Ma perché tutto si compia secondo la sua volontà, che riconosciamo giusta e rivolta solo al bene. Una preghiera che è testimonianza di fede.
Se dovessimo cercare nel racconto delle nozze di Cana un personaggio con il quale identificarci, dovremmo forse puntare lo sguardo non tanto su Gesù o Maria, ma sui servitori, figure apparentemente di secondo piano ma in realtà molto significative. Essi infatti accolgono senza indugio l’invito di Maria a compiere quanto il Signore dirà loro: «Fate quello che vi dirà».
I servi eseguono le azioni richieste da Gesù: riempire le giare d’acqua; portare il vino al maestro di tavola, cosa che fanno prontamente. Questi servi, dei quali non si ricorda né il nome né il numero, rappresentano il modello del vero discepolo, che ascolta la parola del Maestro e la mette in pratica con generosità e fedeltà. L’esecuzione puntuale dei comandi del Signore li porta a sapere bene da dove venga quel vino tanto buono e a testimoniare questo «segno», questo miracolo d’amore alle generazioni future; dunque anche a noi.
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«…Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione e la mancanza di vino assume, di volta in volta, i problemi che le nostre famiglie sono chiamate a vivere. Facciamo spazio a Maria: è lei che ci insegna a pregare, a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio» (papa Francesco).