CONFETTI DA MEZZO MORTO

 
 

La prima cosa da fare per accertare se uno è morto è prendergli il polso e sentire se batte. Bisogna però che abbia il polso. Ci sono realtà che si dicono morte anche se non si è sentito il loro polso, perché non lo hanno. Questo è un inizio cretino per arrivare alla lingua latina, classificata morta perché non più parlata. Era letta nella liturgia fino alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II (1962-65), quindi fino allora una certa vitalità le era rimasta. La riforma liturgica le ha poi assestato il colpo di grazia, anche se tutti i libri liturgici continuano a nascere in lingua latina, per essere poi tradotti nella varie lingue parlate. C’è da piangere? Distinguiamo.

Agli effetti della partecipazione alla liturgia certamente no. Se si vuole che un popolo sia coinvolto nella preghiera, la prima cosa da far è propinargliela nella lingua da lui parlata. Agli effetti culturali certamente sì, perché è la perdita di un glorioso patrimonio storico. Il Latino resta comunque la lingua ufficiale della Chiesa Cattolica. I documenti della Santa Sede non so in quale lingua nascano, probabilmente in quella dell’estensore della bozza. Ma vengono tradotti in Latino per la loro redazione definitiva, e in questa lingua vanno a finire nell’organo ufficiale della Santa Sede che sono gli Acta Apostolicae Sedis (= Atti delle Sede Apostolica). In questo lavoro molte parole devono essere inventate perché ai tempi dell’antica Roma non c’era l’oggetto corrispondente. Così il marchingegno col quale sto scrivendo (computer), certamente non usato da Cicerone, in latino diventa instrumentum computatorium : un po’ complicato e fa anche un po’ ridere. Eppure così è reso nel Lexicon Recentis Latinitatis (= Vocabolario della Nuova Latinità). Ce n’è quanto basta per concludere che il Latino si è conservato come lingua da laboratorio.

Eppure, se si sa, il latino è bello conservarlo almeno nella preghiera personale. Un prete che recita il Breviario in Latino – oggi Liturgia Horarum – sguazza nella tradizione orante della Chiesa. Sarà poca cosa ma è sempre qualcosa in più. E in pari tempo non dimentica il Latino che è sempre meglio sapere che non sapere. Lo stesso deve dirsi della Bibbia. L’ideale sarebbe poterla leggere nelle lingue originali (ebraico e greco), ma la faccenda diventa molto specialistica. Leggerla in Latino non è impossibile e chi la legge in questa lingua si inserisce nella tradizione culturale e orante della Chiesa: è infatti la stessa lingua in cui l’hanno maneggiata gli scrittori ecclesiastici, almeno fino a tutto il medioevo.

Rimaniamo ancora sul latino, ma spostiamo l’asse della nostra attenzione. A differenza di molti io non esulto di gioia per l’approvazione definitiva delle “unioni (in)civili”, e non considero “di festa” – come è stato proclamato autorevolmente – il giorno in cui tale approvazione avvenne. Però l’unico vantaggio che a parer mio possa avere questa forzatura dell’ovvietà naturale, è di avere tolto la censura liceale dalla seconda Bucolica del poeta latino Virgilio (70-18 a.C.). Nei seriosi licei di una volta non veniva mai letta, perché cantava un amore mascolino tra pastori. Cito solo il primo verso che è programmatico: formosum pastor Corydon ardebat Alexin (= il pastore Coridone ardeva d’amore per lo splendido Alessi). Ora che in nome della modernità e del ferreo dogma della non-discriminazione gli amori omo- sono legiferati, i licei potranno leggere questo poemetto, peraltro bellissimo e scritto in un linguaggio molto castigato. Aggiungo che proprio in questa Bucolica ricorre il detto latino trahit sua quemque voluptas (=ognuno è attratto dal suo desiderio), quasi per offrire uno spunto di indulgenza verso Coridone, gay e anche un po’ gonzo.

Ma torniamo al Latino: oggi parlato o non parlato? Racconto questo fatto, fine anni ’80 essendo io parroco a Livorno Ferraris. Verso sera suona il campanello, vado alla porta e mi trovo un figuro che come abbigliamento era una via di mezzo tra Tarzan e San Giovanni Battista. Non parlava italiano. Ho tentano le due lingue nelle quali mi arrangio (inglese e francese), ma quello non dava cenni di comprendonio. L’ho comunque fatto entrare in casa, ha visto aperto sulla scrivania il Breviario in Latino e ha reagito in Latino. Al che mi venne il sospetto che fossero irriconoscibili il mio francese e inglese! Mi chiese ricovero notturno e glielo concessi: era un olandese che stava andando a Gerusalemme a piedi, scortato da una lettera credenziale scritta in Latino dal suo vescovo. Il Latino dunque: vivo o morto? Diciamo mezzo vivo, oppure mezzo morto.

CONFETTI

Le nozze, almeno quelle tradizionali, sono addolcite da confetti bianchi. Se si arriva al 25° anniversario i confetti diventano colore argento. Se si raggiunge il 50° di fedeltà coniugale ritornano i confetti ma colore oro. I confetti si sono estesi pure a battesimi e prime comunioni: azzurri per i maschi e rosa per le femmine. Propongo confetti neri per i funerali a chiusura del ciclo “confettuale”.

Mons. Alberto Albertazzi