XXVI domenica tempo ordinario Lc 16,19-31

 
 

– Non eludiamo mai la carità –

a cura di Mons. Sergio Salvini –

La noncuranza verso gli indigenti scava un abisso tra il povero e il ricco. Commenta papa Francesco: «Come il ricco Epulone, i malvagi non hanno un nome nel libro della memoria di Dio», i poveri sì: Lazzaro.

Eccoci alle prese, in questa domenica, con il testo del Vangelo di Luca che ci immerge nel problema.

Il Signore sta proseguendo il suo «esodo verso Gerusalemme», segnato dalla Croce, dalla Resurrezione e dall’Assunzione al Padre. La parabola, raccontata con dettagli caratteristici della cultura del tempo, è una delle più famose e suggestive sull’uso e sul valore delle ricchezze. La narrazione è esclusiva dell’evangelista e si compone di due scene: una si svolge sulla terra per Lazzaro; l’altra si svolge nell’aldilà per il ricco.

Il racconto non enuncia un principio costante, una realtà che si effettua senza eccezioni; al contrario, rappresenta quello che può accadere se coloro che possiedono ricchezze non seguono gli insegnamenti della legge divina circa il loro uso: un ricco, dopo aver goduto di ogni bene sulla terra, nell’aldilà viene immerso in tormenti tali da mendicare l’aiuto di colui che egli sulla terra non degnava di uno sguardo; un povero, dopo aver sofferto ogni miseria, nell’aldìlà è colmato di una felicità tale da suscitare l’invidia di chi prima era nell’opulenza.

È la risposta di Gesù ai farisei che ridono delle sue parole, pieni come sono del loro “buon senso”. Anche l’economia di oggi continua a beffarsi di Gesù in modo più o meno sfacciato: ride bene chi ride ultimo! Il racconto tuttavia non è una condanna dei ricchi e un’esaltazione dei poveri di stampo manicheo; è piuttosto un ammonimento severo ad aprire gli occhi e usare giustamente dell’ingiusto “mammona”: il possidente stolto si converta nell’amministratore saggio. Si mostra per immagini quel rovesciamento di criteri già cantato nel Magnificat e proclamato nelle beatitudini. Ciò che fa ricco un uomo non è il suo potere d’acquisto, ma la sua capacità di spendersi per il bene di tutti. L’uomo è un mendicante che si arricchisce solo donandosi.

Su una rivista missionaria si legge: «Un amico, inviandomi un’offerta di 365.000 lire mi scriveva: “Ogni giorno mi faccio un piccolo graffio per togliermi poco per volta l’orribile maschera di sentirmi ricco. Voglio che la mia ricchezza sia il sollievo di chi, ricevendo un aiuto, abbia un motivo di credere ancora a Dio Padre e agli uomini fratelli».

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«Chi ha poca carità vede pochi poveri. Chi ha molta carità vede molti poveri. Chi non ha carità non vede nessuno» (Primo Mazzolari).