Supermercato sacramentale

 
 

L’età del battesimo è una questione perennemente disputata. Negli Atti degli Apostoli è implicitamente documentato il battesimo infantile. Quando si legge (At 16,15.33) che intere famiglie sono state battezzate globalmente, è difficile immaginare che non ci fossero anche dei pupi, soprattutto se le pensiamo “allargate” alla romana, ossia facenti parte della famiglia signorile anche quelle dei dipendenti di varia estrazione. Con la cristianizzazione dell’impero romano il battesimo infantile divenne prassi comune.

Non è un sopruso battezzare chi non è in grado di intendere e volere? Se lo riteniamo un sopruso, è sopruso anche la scelta del nome fatta dai genitori e la nazionalità. Cominciare a esistere liberi da ogni condizionamento è impossibile. E allora affermiamo che i genitori hanno il diritto di chiedere il battesimo per il figlio ancora inconsapevole. Resta affare loro nel procedimento educativo essere coerenti con la scelta battesimale fatta all’origine, senza rinnegare nei fatti un impegno che si sono solennemente assunti dinanzi a Dio e alla Chiesa. Con i sacramenti non si scherza.

Capita che per prevenzioni ideologiche o per eccesso libertario nei confronti dei figli, il battesimo non venga dato a breve distanza dalla nascita, giustificando la mora con l’enunciato «Noi non abbiamo niente in contrario, lasciamo però che sia lui a decidere». Mi sembra una scelta che meriti almeno rispetto. Il pupo cresce e possono sopraggiungere dei ripensamenti onde il battesimo escluso in età infantile viene ripreso in considerazione “solo per accontentare la nonna”. Ritrattare le proprie decisioni è sempre faticoso e richiede una buona dose di umiltà intellettuale, quindi si tirano in ballo gli altri come movente.

A questo punto sarei del parere che convenga che sia l’interessato a decidere, appena raggiunto un sufficiente comprendonio. Metterei pertanto in connessione il battesimo con la prima comunione, come mi è già capitato da queste parti. Il catechismo di prima comunione è fatto valere anche come preparazione al battesimo, integrata con nozioni specifiche di questo sacramento.

Non reputo opportuno battezzare un bambino in età prescolare tra i 4 – 6 anni, quando capisce e non capisce. Tirargli addosso la questione del peccato originale, anche se non prioritaria; l’idea della paternità divina da conciliarsi con quella del padre naturale; l’inserimento nella Chiesa come famiglia di Dio, mi pare che sorpassi di molto la potenza mentale di un “cucciolo di uomo” (Kipling). Con il rischio non campato in aria che il bambino si metta a fare il diavolo a quattro durante il rito del battesimo (è già capitato). Queste nozioni invece diventano più accessibili dopo che qualche anno di scuola e di catechismo ha cominciato a lubrificare il cervello dell’interessato, orientandolo verso raffinate realtà.

Quindi a genitori che mi chiedessero il battesimo per un bambino dell’età di cui sopra direi: «Guardate, avete aspettato fino adesso. Aspettiamo ancora qualche anno, facciamogli fare un po’ di catechismo poi, avvicinandosi l’età classica della prima comunione, lo battezziamo»(1). In tal modo, almeno una tantum, sarebbe rabberciata in parte l’iniziazione cristiana(2): battesimo inserito nel quadro liturgico della messa di prima comunione.

I sacramenti sono dono di Dio e nessuno li può pretendere. Sono anche fra di loro collegati da una logica interna che esige coerenza, senza la quale è prudente mettere in dubbio la lealtà della richiesta. Mi spiego ripetendo cose forse già scritte.

Perché due genitori perfettamente liberi, fra loro non sposati, pur non essendoci a monte alcun matrimonio fallito, chiedono il battesimo per loro figlio, snobbando il sacramento del matrimonio? Tale richiesta fatta in tali condizioni sta diventando abituale. «Perché il battesimo per vostro figlio e non il matrimonio fra voi?» – sono solito chiedere – «se all’origine della richiesta di battesimo ci sono convinzioni di fede, dovreste estenderle anche sulla vostra reciproca situazione traendone le debite conseguenze matrimoniali». La risposta che arriva è «ci stiamo pensando». Ma fino adesso mi è capitato solo un caso di sanamento di coppia col matrimonio cristiano dopo il battesimo accordato al figlio. Tutti gli altri continuano a pensarci. In siffatte circostanze mi piacerebbe poter dire: «cari miei, allora aspettiamo che sia il bambino, cresciuto, a decidere se vuole o non vuole il battesimo». Dio, se ha voglia, può salvare anche al di fuori dei sacramenti. Sarei molto soddisfatto se invece di sconfortanti proclami episcopali tipo «senza il Mezzogiorno l’Italia non ripartirà» (Avvenire, 10.09.2016 p. 19), si sentisse una buona volta «senza matrimonio cristiano di genitori perfettamente liberi, niente battesimo ai figli». Almeno l’episcopato italiano rientrerebbe negli ambiti di sua competenza e forse si comincerebbe a capire che i sacramenti non sono articoli da supermercato, da potersi scegliere come frulla.

E visto che siamo in argomento vado avanti. Non possiamo più sopportare la “beffa” della prima comunione e della cresima. Grandi messe in scena liturgiche per la celebrazione dell’evento e poi, salve centellinate eccezioni, a messa non si vedono più. Se non si comincia smuovere qualcosa questo andazzo si perpetua. Ho in mente l’azzeramento della “Messa di prima comunione”. I bambini frequentano il catechismo, vengono condotti sino alla prima confessione, poi si dice ai genitori: «sono pronti, fategli fare la comunione a una normalissima messa domenicale a vostra scelta e festeggiate pure in famiglia». In questo modo non è garantita la loro continuativa partecipazione alla messa domenicale. Ma almeno si elimina la marchiana presa in giro di una messa sparata al massimo della solennità, che poi si lascia dietro l’abituale latitanza dei nuovi comunicati. Questa per ora è solo una provocazione in attesa di reazioni. Per la cresima magari chiederemo la firma di un dichiarazione d’intenti. Anche l’arruolamento fra i “soldati di Gesù Cristo” deve essere fatto seriamente.

1 Salvo il caso di salute del bambino seriamente compromessa.
2 Ossia battesimo, cresima, eucaristia cumulate in una sola celebrazione, come capitava in antico e tuttora nelle chiese orientali.