FENOMENOLOGIA DEI FUNERALI

 
 

Penso che i miei lettori non si stupiscano se in novembre inforco ancora questo tema. Di morti, di morte e di casse da morto ho già (s)ragionato in altre circostanze novembrine. Ma ora ho voglia di discorrere dell’ultimo viaggio a spalle e rotelle: dalla casa o dall’ospedale al cimitero, con la molto praticata sosta in chiesa per la Messa funebre. E’ questa un’opzione postuma anche di molti che in chiesa non hanno più messo piede dal loro matrimonio. Eppure da morti ci ritornano trasportati, forse perché non hanno tempestivamente esternato differenti volontà.

Il funerale che passa per la chiesa si chiama funerale religioso, quello che la bypassa si chiama funerale civile. Etichetta che mi piace poco, anche se merita rispetto la coerenza ideologica che si trova all’origine. Se uno da vivo della Chiesa se n’è sempre arci-stra-fregato (1) fa bene a scartarla anche da morto. Almeno evita al celebrante l’imbarazzo di acrobatici salvataggi omiletici. Ma dicevo che non mi piace la dizione “funerale civile” perché lascia supporre incivile il funerale religioso. I media da qualche tempo, allo scoccare di mega-funerali (Umberto Eco, Dario Fo ecc.), nei quali non si è fatto uso di acqua santa e incenso, hanno lanciato la dizione “funerale laico”. La trovo corretta.

Tutti, credenti e non credenti, possono presenziare a funerali religiosi e funerali laici. Ciascuno s’atteggia interiormente secondo le proprie convinzioni ideologiche. Capita però che il non credente implicato in funerali religiosi, fatti ai parenti del defunto i debiti convenevoli comprensivi di strofinamento dorsale, invece di “contaminarsi” in chiesa, resti fuori a ciarlare con altri che non sopportano il profumo d’incenso, ridandosi modico contegno quando il cadavere, liturgicamente tirato a lustro, esce di chiesa. Poi riprende la conversazione nel corteo verso il cimitero. E’ assai variegato il contegno ai cortei funebri: in preghiera davanti al carro; in mesto raccoglimento appena dietro il carro; in prolungata “affabulazione” (2) a media e lunga distanza dal carro. Il discriminante tra cordoglio e turismo funebre resta comunque sempre il carro, in cui è confezionato il compianto estinto, e le sue immediate adiacenze.

Chi si celebra nei funerali? Distinguiamo: ai funerali laici il defunto di turno, del quale si dice ogni altro bene senza alcun male. La morte è sempre pietosamente redimente e fa grandeggiare anche gli insignificanti. I vip poi vengono addirittura proiettati nell’iperuranio dei sommi. Nei funerali religiosi a parer mio si deve celebrare solo Dio, perché la religione non può celebrare altro. Dio deve essere sempre ringraziato “per la sua gloria immensa”. Nella circostanza in questione deve essere ringraziato pure per avere concesso il tal personaggio (3). Ed eroicamente deve essere ringraziato anche per averlo tolto di mezzo magari non vecchio, perché la vita non dà garanzie a nessuno: si è nella logica di “sia fatta la tua volontà”. Se invece nell’omelia ci si lascia andare a incontrollati elogi del defunto, oltre a rischiare solenni gaffe, si rischia un sorpasso dell’umano sul divino, effettuato peraltro dagli applausi che scrosciano quando escono di chiesa illustri cadaveri. Celebrare Dio vuol dire anche ragionare della vita e della morte, almeno come e fin dove si può, mettendosi alla sapiente scuola di questa “nostra corporal sorella” (4) che paradossalmente assurge a sapiente cattedra di vita. Il vivente muore, ma la morte resta viva e operante finché vita ci sarà su questo pianeta. La morte muore con la morte della vita, e la vita vive con la morte della morte: ecco l’eternità. Se non piacciono questi filosofemi andiamo pure a infilarci nelle zucche di Halloween.

I funerali religiosi avevano ripercussioni liturgiche nelle Messe così dette di settima e trigesima. Cosa sono? Sono lussi funebri di altri tempi, che oggi non ci si può più permettere per carenza di sacerdoti. Quando i preti abbondavano a ogni defunto era garantita una Messa di suffragio sette giorni dopo la morte, (settima); e trenta giorni dopo la morte, (trigesima). Oggi ci si deve accontentare di una Messa cumulativa la prima domenica del mese per tutti i defunti del mese precedente nel reticolato parrocchiale. I parenti sono forse poco soddisfatti perché il loro defunto è ricordato alla rinfusa, ma la menzione nominale è pericolosa perché c’è il rischio di dimenticare qualcuno, dando luogo a incidenti diplomatici.

Don Alberto

1 Rombante espressione appresa dal mio professore di italiano al liceo. La disse della madre di Leopardi nei confronti del figlio.
2 Affabulare vuol dire raccontare storielle.
3 Magari con l’accortezza di moderare l’enfasi gratulatoria se si tratta di un manigoldo matricolato.
4 San Francesco filtrato da Carducci.