SINGULARE NATIVITATIS MYSTERIUM
SINGULARE NATIVITATIS MYSTERIUM (1)
La prima grande balla sul Natale è Babbo Natale. Non so quale sia l’origine della sovrapposizione del rubicondo personaggio a Gesù Bambino, ma non ho voglia di approfondire. Dico soltanto che in fondo Babbo Natale è utile: se i doni devono arrivare, è meglio che li porti lui piuttosto che Gesù Bambino, troppo divino(2) per degradarlo a rango di fattorino da supermercato(3). Stessa osservazione per la bitorzoluta befana in rapporto ai Magi. Non so da dove salti fuori quest’attempata valchiria(4) su scopa che, con piglio da spazzacamino, si intrufola notte tempo a riempire di chicche calze pendule dal caminetto. Ma se dolciumi devono arrivare il 6 gennaio è meglio che ci pensi la befana piuttosto, che i Magi. I quali hanno portati doni mirati e a colpo sicuro, canticchiando per la strada «o che bel, che bel, che bel è viaggiare sul camel»(5). E adesso lasciamo stare le balle e ci accostiamo al credibile.
E’ straordinario(6) ma non incredibile che un bimbo sia nato in una stalla, e per giunta deposto in un “coperto” per animali di grossa taglia(7). E’ straordinario, ma non incredibile che una natività avvenuta in povertà così miseranda abbia mobilitato i Magi, signorotti orientali, per portare al pupo, non i capponi(8) di Renzo, ma oro, incenso e mirra.
Fin qui riusciamo ad arrabattarci lubrificando la nostra immaginazione. Si mobilita la fede quando in cielo scocca l’inno «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà» (Lc 2,14). L’uomo da solo non ce la fa a inerpicarsi al soprannaturale, se non percorrendo quella scala che gli è calata dall’alto, nota altrimenti come virtù della fede. Ancor più da percorrersi se vogliamo capacitarci che quel pupo è certamente figlio dell’uomo, ma anche e soprattutto Figlio di Dio.
Attorno al Natale cominciano a girare le spiazzanti novità portate dal Vangelo. Ora non parlo più di straordinarietà, ma di impensate novità: impensate prima che si rivelassero. Ma se il Vangelo non avesse messo a soqquadro il nostro modo corrente di pensare, il Figlio di Dio, sarebbe venuto su questa terra a perdere tempo.
Abbiamo infatti da subito una sovversione dei livelli usuali. Che un monarca, ricercato come tale dai Magi che si erano messi sulle tracce dei Re dei Giudei (Mt 2,2), fosse stato trovato in una stalla(9) invece che a Buckingham palace, mette a KO il nostro scontatissimo pensiero. E in questa sorpresa natalizia già emerge il «beati voi poveri» (Lc 6,20), a mo’ di teorema strizzato da quella sorpresa. Che poi un pupo, innocente come tutti i pupi, rischi la pelle perché ritenuto ingombrante da un sospettoso e diffidente tiranno (Erode), tanto da dover riparare all’estero, non è certo cosa ordinaria. Dover fare le valigie in fretta e furia per mettere al sicuro un infante non è un’allegria. Comincia quindi a emergere «beati voi che ora piangete» (Lc 6,21).
Sembra quasi che Dio – adesso dobbiamo scomodare Lui finalmente – si diverta a “fare come il gatto col topo” (l’Altissimo mi perdoni!). Questo ancor più lo vediamo quando il pupo, divenuto adulto, mormora nell’orto degli ulivi, in procinto di essere braccato: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Splendida ed eroica abdicazione al proprio volere! E anche istruttiva per il cristiano. La volontà di Dio, in caso di conflitto con la nostra, deve prevalere, altrimenti saremmo dei bari quando diciamo nel Padrenostro «sia fatta la tua volontà» (Mt 6,10).
Questa accettazione di volontà Altrui era già nei patti dichiarati da Gesù stesso quando nella sinagoga di Cafarnao dichiara: «Sono disceso dal cielo [Natale] non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). Dunque già nel Natale è in qualche modo implicita l’accettazione della croce.
E ora veniamo a noi. Quando preghiamo per qualcuno o per qualcosa, preghiamo perché il nostro desiderio si realizzi o perché si riesca ad accettare la volontà di Dio anche se in stridente contrasto con la nostra? Poniamo il caso di una persona cara, colpita da una malattia grave, irreversibile, degenerativa: è naturale che chi ha fede preghi. Ma per che cosa? Per la guarigione? O perché l’interessato e il circondario accettino la volontà di Dio per quanto dura ? Se poi le due volontà coincidono in un senso o nell’altro, tanto meglio.
Viene in mente a questo riguardo la vicenda di Giobbe, benestante sceicco non si sa precisamente di dove e di che epoca, ma non ha importanza. Finito su un letamaio a grattarsi la rogna per atroci scommesse fra Dio e il diavolo, alla moglie che gli gracida «maledici Dio e crepa», risponde «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore» (Gb 1,21)(10).
Chiudiamo questa digressione e torniamo al Natale, singulare mysterium. Singolare non solo nel senso della sua sovrumana straordinarietà, ma anche nel senso che è un unicum (= capitato una volta sola). Osservazione persino banale! E’ ovvio che si nasce una volta sola. Ma unico nel fatto in sé, nel fatto che a Natale il Figlio di Dio si è fatto uomo (cfr Gv 1,14). La Pasqua era immaginabile, perché nella Bibbia possiamo censire altri risorti(11). Che Dio avesse parlato per interposta persona – i profeti – è un classico dell’Antico Testamento. Che invece si fosse scomodato Lui personalmente per chiacchierare con l’uomo è una novità assoluta e impensabile prima che accadesse. Da un punto divista della mera eccezionalità, il Natale sorpassa dunque la Pasqua. Ne è consapevole Giovanni che nel prologo del suo Vangelo (1,1-18) si concentra tutto e solo sul Natale.
1 Mistero straordinario del Natale (Sacramentario Gelasiano 2. E’ il capostipite di tutti i Messali. Sec VIII)
2 Si canta infatti “O Bambino mio divino”.
3 Forse queste cose le ho già scritte.
4 Le valchirie erano “fantine” della mitologia germanica.
5 DARIO FO in Mistero buffo.
6 Nel senso primitivo di “fuori dall’ordinario”.
7 Mangiatoia.
8 Renzo andava dal dottor Azzeccagarbugli, per far valere i suoi ditti di marito mancato, omaggiandogli come parcella professionale un “mazzo di capponi” da lui tenuti per le zampe a testa in giù (I promessi sposi, MANZONI).
9 Matteo non lo dice implicitamente, ma si evince dalla prosecuzione dei fatti.
10 La vicenda di Giobbe non ha pretesa storica. E’ uno scritto didascalico, mirato sull’accettazione della volontà di Dio.
11 I vari Lazzaro, il figlio della vedova di Nain, la figlioletta di Gairo e nell’Antico Testamento un risorto a testa per mano dei profeti Elia ed Eliseo.