Ascensione del Signore Mt 28,16-20

 
 

–  Il mistero del ritorno di Gesù al Padre  –

a cura di Mons. Alberto Albertazzi – alberipazzi@gmail.com –

Matteo in fatto di ascensione ci lascia un po’ a bocca asciutta, perché non documenta l’evento. E credo che faccia bene, in quanto parlarne seriamente non è facile. Non voglio dire che sia stato un po’ pacchianotto Luca, che negli Atti degli apostoli ci fornisce una descrizione alquanto scenografica dell’ascensione, con Gesù in moto antigravitazionale e gli apostoli a naso in su che lo salutano. Diciamo che ha agevolato la nostra fantasia, fornendoci elementi per capacitarcene.

La fantasia non va disprezzata come se fosse soltanto blasonata “cacciaballe” (Dario Fo): è l’unico strumento mentale che ci consente di pensare alla nostra maniera il soprannaturale. Quindi dobbiamo esserle grati. Matteo invece, più sobrio e misurato, chiude il suo libro attribuendo a Gesù una dichiarazione anti-ascensionale: «Ed ecco, io resterò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Non ce lo lascia immaginare neppure come un pendolare fra cielo e terra, ma lo tiene con i piedi ben piantati sulla crosta terrestre.
Allora: ascensione sì o ascensione no? L’imbarazzo è ben marcato in Marco che si congeda dal lettore dicendo che «il Signore Gesù, dopo avere parlato con loro [gli apostoli], fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16,19). Quindi bene accomodato, senza neppure l’intenzione di lasciare il suo alto seggio. Ma subito dopo leggiamo: «Allora essi – sempre gli apostoli – partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro» (Mc 16,20). Ne è consapevole Paolo, da lui mai perso di vista avendogli fatto visita almeno tre volte (At 9,3-7; 18,9-10; 23,11 e forse 27,23-24). Ecco ancora l’antinomia: partito o rimasto?
Neppure Giovanni documenta l’ascensione, ma il suo Gesù si limita a prospettarla a Maria di Magdala: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17).
Tornando a Matteo, che è il vangelo di annata, diciamo che pare più interessato alla permanenza di Cristo. Infatti il suo Gesù dice: «Sono con voi tutti i giorni». Né poteva essere diversamente, avendo egli anticipato (Mt 18,20): «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Il problema è dunque di capire il senso dell’ascensione. Che cosa vuol dire?
Probabilmente vuol dire che Gesù risorto è rientrato nella sfera del divino, soggiacendo ad altre, inimmaginabili, condizioni esistenziali, che prescindono comunque dallo spazio e dal tempo, limiti strutturali del nostro pensiero: in ciò aveva ragione il filosofo prussiano Emanuele Kant (1724-1804). Più in alto le nostre impacciate meningi non possono salire. Aggiungiamo tutt’al più che nell’immaginario corrente Dio, pur essendo «in cielo, in terra e in ogni luogo» – come da catechismo tradizionale – è pensato soprattutto in cielo, onde il rientro in Dio, anche con la nostra umanità, è pensato in termini ascensionali.
Del resto pari trattamento nella Bibbia è riservato pure ad altri personaggi, seppure con minore patina teologale. Si dice ad esempio di Enoc, patriarca prediluviano, che «camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l’aveva preso» (Gen 5,24). E non se ne sa di più. Poi anche l’apoteosi del profeta Elia, rapito verso Dio su un incombustibile carro fiammeggiante, trascinato da cavalli ignei (2 Re 2,11). Si tratta con ogni probabilità di un espediente letterario per dire che Elia resta immortale e grandioso nella memoria biblica: tanto immortale che viene ricuperato come interlocutore nella trasfigurazione del Signore (Mt 17,3). Questa equina apoteosi di Elia è ricordata pure da Dante (Inferno XXVI 35-36): «[Eliseo] vide ’l carro d’Elia al dipartire, / quando i cavalli al ciel erti levôrsi».

Luca è meno scintillante. Si limita a dire «mentre lo guardavano – ancora gli apostoli – fu elevato in cielo e una nube lo sottrasse ai loro occhi» (At 1,9). Non si tratta di nube «piovorna» (Carducci), ma simboleggiante la presenza di Dio, volentieri nella Bibbia nebulizzato (Es 16,10; Is 6,4; Mc 9,7).
Dunque ancora una volta l’ascensione s’ha da intendere come rientro del Cristo risorto in Dio, senza grossolano sbaraccamento spaziale.