16ª domenica tempo ordinario Lc 10,38-42
Godiamoci la compagnia di Gesù –
a cura di Don Luciano Condina –
Nel passo evangelico in cui si racconta di Marta e Maria troviamo Gesù accolto e ospitato nella casa di Betania. Invitarlo significava avere fino a tredici persone in casa, e questo comportava senza dubbio molto lavoro da svolgere. Si può allora comprendere il motivo dell’ansia e dell’affanno di Marta nel far sì che tutto fosse perfetto e andasse per il meglio con un ospite così importante.
Anche noi oggi, se dobbiamo ospitare una persona illustre, ci attiviamo per poter fare bella figura con lei e i suoi amici. Marta, ad un certo punto non ce la fa più a vedere la sorella ai piedi del Maestro a non far nulla – secondo lei – se non ascoltarlo, ed esclama: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti» (Lc 10,40). Marta si sta dannando per fare bella figura, per dimostrare quanto è brava, ordinata, efficiente, operativa, e si accorge che a Gesù tutto ciò non interessa molto. E lo rimprovera. Chiunque di noi le avrebbe risposto un po’ imbarazzato: «Hai ragione, Marta, stai facendo molte cose. Adesso veniamo a darti una mano», o qualcosa di simile. Cristo, invece, non solo non l’asseconda, ma la bacchetta pure: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,42).
A Gesù non interessano le nostre fatiche per mostrarci buoni e bravi, perché lui non è semplicemente un ospite importante come gli altri: è Dio che visita la nostra casa, il nostro cuore.
Marta è l’emblema delle fatiche per superare l’esame dello sguardo altrui che ci preme sempre addosso, che ci soppesa e ci porta a mostrare ciò che non siamo, a comportarci come magari non vorremmo. Fin da bambini abbiamo scoperto che se siamo cattivi non ci vogliono bene, se siamo sporchi ci scartano, allora dobbiamo fare i buoni; abbiamo scoperto che i falsi amici ci vogliono bene non se siamo noi stessi ma quando piacciamo loro, e se non piacciamo ci buttano via. Quanti sacrifici abbiamo dovuto fare per essere accolti, apprezzati! Quante volte non avremmo voluto sorridere e abbiamo invece sorriso, siamo andati dove non volevamo, abbiamo fatto cose che non ci piacevano, ma era necessario per ottenere l’approvazione!
Con Gesù tutto questo non è più necessario, non siamo più noi a dover fare qualcosa per lui: Egli, invece, ha qualcosa di grande da darci. Allora possiamo sederci ai suoi piedi come Maria – nella tipica posizione del discepolo – per ascoltarlo e bearci delle sue parole. Possiamo fermarci e farci amare, smettendola di esercitare con la forza di volontà l’esteriorità della nostra bontà, dove tutto è impegno, dove il nostro sacrificio salva il mondo (uno dei temi principali dell’eresia pelagiana, che sostiene la non necessità della Grazia per scegliere e attuare il bene).
Maria si ferma, si gode la presenza di Dio a casa propria, si rende conto che Egli non ha bisogno di nulla da noi ed è entrato per donarci quello di cui noi abbiamo bisogno sopra ogni altra cosa: il suo amore e la sua Grazia. Solo a questo punto, dopo essere stati inondati dal suo amore e dalla sua Grazia – la parte migliore che nessuno potrà mai toglierci – nascerà il desiderio di fare qualcosa per Lui, solo ed esclusivamente per amore, perché ne abbiamo bisogno. Marta e Maria non sono antagoniste, ma è Maria la figura a cui Marta deve tendere, non il contrario.
Questa domenica abbiamo l’occasione meravigliosa, di lasciare i pesi, le zavorre, tutte quelle attività che non sono la volontà di Dio e che non siamo chiamati a fare. Ci agitiamo per molte cose ma di una sola abbiamo bisogno: ascoltare Cristo, calcare i suoi passi e stare con Lui.