Appello di Migrantes per le fasce più vulnerabili

 
 

Don Gianni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, lancia l’appello a non dimenticare le fasce di persone più vulnerabili: gli immigrati che continuano a lavorare nei campi: se non ci fossero loro non avremmo cibo per noi; quelli che sono rinchiusi nei centri; le famiglie rom, i circensi e lunaparkisti.


... Don Gianni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, lancia l’appello a non dimenticare le fasce di persone più vulnerabili: gli immigrati che continuano a lavorare nei campi: se non ci fossero loro non avremmo cibo per noi; quelli che sono rinchiusi nei centri; le famiglie rom, i circensi e lunaparkisti. Auspica, inoltre, che i Comuni coinvolti negli ultimi provvedimenti governativi per le persone più in difficoltà facciano arrivare questi aiuti a tutti, soprattutto a coloro che sono nell’impossibilità di avere altre fonti di reddito e vivono alla giornata...

Alla Migrantes nazionale e alle varie realtà diocesane arrivano numerose richieste, soprattutto da famiglie circensi, giostrai e rom, che hanno difficoltà addirittura a reperire cibo. Non lavorano da mesi e non lavoreranno in futuro. Devono far fronte al necessario per sé e per gli animali. Alcuni immigrati non lavorano e non possono pagare l’affitto. È una situazione pesante...

Migrantes indirizza le persone alle Caritas diocesane e parrocchiali: con 3.300 centri di ascolto, le mense, gli empori, i progetti di assistenza sociale e legale, di contrasto alla povertà educativa, i servizi in strada, i dormitori, assistono oggi 1milione500mila persone...

Appello di Migrantes a favore delle fasce più vulnerabili

C’è anche un sacerdote della Sierra Leone, cappellano della comunità afro-anglofona di Bergamo, tra le persone ricoverate a causa del Covid-19. Don Luis Corona ha rischiato la vita ed è stato per un lungo periodo in rianimazione in tre ospedali diversi. Da alcuni giorni è in via di guarigione, accolto in una struttura sanitaria cattolica con altri cinque preti.

A Torino, il Comune ha chiesto alla Fondazione Migrantes un elenco dei cimiteri non cattolici. «Questo significa che ci sono numerosi morti per coronavirus anche tra gli stranieri - afferma don Gianni De Robertis (nella foto), direttore generale della Fondazione Migrantes – Tra il personale paramedico tanti sono stranieri e molti stanno dando un grande contributo accanto ai nostri anziani. In questi giorni ci stiamo rendendo conto che l’Italia potrà farcela solo se lavoriamo tutti insieme per il benessere del Paese, indipendentemente dalla provenienza. Stiamo riscoprendo che non esiste un “noi” e un “loro”. Spero che questa consapevolezza non venga meno al termine dell’emergenza». A questo punto il direttore della Migrantes lancia l’appello «a non dimenticare le fasce di persone più vulnerabili: gli immigrati che continuano a lavorare nei campi: se non ci fossero loro non avremmo cibo per noi; quelli che sono rinchiusi nei centri; le famiglie rom, i circensi e lunaparkisti». Auspica, inoltre, che i Comuni coinvolti negli ultimi provvedimenti governativi per le persone più in difficoltà «facciano arrivare questi aiuti a tutti, soprattutto a coloro che sono nell’impossibilità di avere altre fonti di reddito e vivono alla giornata».

Alla Migrantes nazionale e alle varie realtà diocesane arrivano numerose richieste, soprattutto da famiglie circensi, giostrai e rom, «che hanno difficoltà addirittura a reperire cibo – racconta De Robertis – Non lavorano da mesi e non lavoreranno in futuro. Devono far fronte al necessario per sé e per gli animali. Alcuni immigrati non lavorano e non possono pagare l’affitto. È una situazione pesante». Migrantes indirizza le persone alle Caritas diocesane e parrocchiali: con 3.300 centri di ascolto, le mense, gli empori, i progetti di assistenza sociale e legale, di contrasto alla povertà educativa, i servizi in strada, i dormitori, assistono oggi 1milione500mila persone. Richieste di collocamento di una famiglia rom e di un’altra famiglia numerosa priva di residenza sono giunte anche alla Caritas di Vercelli, ma la soluzione del problema richiede una stretta collaborazione con il Comune e una pianificazione congiunta, alla ricerca di un’area da attrezzare ad hoc per garantire l’acqua e i servizi igienici. Senza dimenticare la sensibilizzazione dei cittadini.

«Finora le misure per prevenire il contagio nei campi rom e nelle baraccopoli dei lavoratori stagionali sono state molto labili – osserva De Robertis – In alcuni comuni si sono limitati a dire: andate alla Caritas. Ma lì si vive in spazi ristretti, in promiscuità, non c’è acqua. La sopravvivenza alla giornata, prima assicurata dal riciclo o dall’elemosina non è possibile in questo momento. Noi speriamo che l’ultimo provvedimento del premier Conte possa arrivare un po’ a tutti, per dare più spessore ai banchi alimentari che distribuiscono cibo». Avverte, però, che «bisognerebbe andare a vedere cosa sta accadendo nei vari comuni e prendere esempio da quelli virtuosi come Bari, che ha mandato un camion con generi di prima necessità al campo rom».

Il rischio è alto anche nei grandi centri di accoglienza o di rimpatrio dove sono accolti o rinchiusi gli immigrati. «Le condizioni di vita sono assolutamente inidonee a contenere il contagio – afferma De Robertis – Ci sono grandi camerate, pochi bagni. Questo può diventare un pericolo per tutti. Non possiamo disinteressarci di alcuni, perché la ricaduta di un contagio graverà su di noi».