Applausi planetari

 
 

a cura di Mons. Alberto Albertazzi

alberipazzi@gmail.com

L’applauso è un modo collettivo per esternare entusiasmo e approvazione. Oso dire che oggi forse si esagera un po’ con gli applausi, scrosciandoli anche quando pare poco opportuno. I funerali dei vip, all’uscita del feretro in pubblica strada, sono incoronati di applausi. Ma gli applausi più stonati sono quelli che si fanno in chiesa per vari motivi: se in chiesa invece che Dio viene celebrato l’uomo, la stonatura è marchiana. Nessuno più di Dio merita l’applauso. Ce lo segnala il salmo 46,1:

Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia.

Ma questo applauso planetario suppone che tutti i popoli siano d’accordo. E siccome questo speranzoso invito lo leggiamo nella Bibbia, occorre altresì che al Dio biblico siano riconosciute prerogative di divinità da tutti i popoli. Ci stiamo accostando in tal modo all’intenzione missionaria che per tradizione percorre il mese di ottobre, particolarmente sottolineata da papa Francesco, ricorrendo quest’anno il centenario dell’enciclica Maximum illud1 di papa Benedetto XV.

A monte degli accennati pontefici, ci sta un mandato ben più autorevole, scoccato da Gesù a conclusione del Vangelo di Matteo (28,19): “Fate miei discepoli tutti i popoli”. E’ più sobrio e meno fragoroso dell’esultante “popoli tutti battete le mani”. La pretesa non è da poco e, se la prendiamo alla lettera, la Chiesa non può stare molto tranquilla, perché siamo ancora lontanissimi da questa evangelizzazione planetaria. Si noti quanto è esigente la formulazione del mandato missionario di Gesù. Non si limita infatti a dire: “Annunciate il Vangelo a tutti i popoli”, ma ordina “fate miei discepoli tutti i popoli”. Portare un annuncio non pretende necessariamente che quell’annuncio sia accettato: basta che risuoni e giunga a orecchie non necessariamente sintonizzate.

Apriamo una parentesi. Il giudaismo2 non era particolarmente favorevole al rastrellamento di proseliti ma si accontentava dei classici “pochi ma buoni”, da selezionarsi peraltro secondo categorie abbastanza ottuse, contro le quali ha non poco pugnato Paolo (cfr Gal 6,15). L’evangelizzazione planetaria si pone pertanto in rotta di collisione con la centellinante mentalità giudaica. A Gesù premeva, e forse si accontentava, che fossero accettati e messi in pratica i valori fondamentali della sua dottrina, vivacemente sciorinati nel “discorso della montagna” (Matteo capp. 5-7), senza maniacali rifiniture di infimo dettaglio legislativo3. Chiusa parentesi.

Gesù non prende nessuno per il collo. Il perentorio mandato missionario che leggiamo in Matteo (fate miei discepoli tutti i popoli), si attenua con sfumature libertarie alla conclusione del Vangelo di Marco (16,15-16), ove leggiamo:

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

E’ qui prevista la possibilità di nondiscepolato, seppure con una severa avvertenza nella logica di “uomo avvisato mezzo salvato” e di “patti chiari, amicizia lunga”.

“Fate miei discepoli”. Si ravvisano nel Vangelo varie modalità di discepolato, che addirittura si fronteggiano in maniera verbalmente contraddittoria. Troviamo infatti “chi non è con me è contro di me” (Mt 12,30). Dunque il non dichiarato e dimostrato schieramento a favore, s’ha da intendere come opposizione. Ma in Marco (9,40) abbiamo la sorpresa di “chi non è contro di noi è per noi”. Quindi la neutralità da intendersi a favore. Conciliare questi due principi non è facile. Mi sembra comunque che Marco lanci un’ancora di salvezza a chi non è per Gesù in quanto non ne ha mai sentito parlare4. Col sottinteso che, ove gliene giungesse notizia, passerebbe dalla sua parte. In pratica il principio enunciato in Marco canonizza quello che noi chiamiamo “buona fede”. Per fortuna! In tal modo si alleggerisce l’onere missionario che, seppure con modalità diverse, coinvolge tutti i cristiani. La buona fede infatti è ciò che catechisticamente si chiama “battesimo di desiderio”. Non è evidentemente la situazione di chi pensa: “Oh! Come mi piacerebbe essere battezzato!”. Perché chi ha pensieri siffatti, ha soltanto da chiedere il battesimo, che gli viene concesso dopo un minimo di preparazione5. Il battesimo di desiderio è la situazione in cui si trova chi correttamente vive, vuole e pensa, ignaro peraltro del battesimo, ma pronto a riceverlo qualora ne venisse informato.

Papa Francesco auspica una Chiesa “in uscita”. Suggestiva espressione per denotare la natura missionaria della Chiesa stessa, che non può rimanere chiusa in casa senza automaticamente smentirsi. E’ pur vero che il battesimo di desiderio, di cui sopra, è da considerarsi sanante anche se Dante manifesta perplessità6; e che la volontà salvifica universale di Dio non sembra ammettere eccezioni, come dichiara Paolo a Timoteo: “Dio … vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Tim 2,5). Ma subito dopo aggiunge “e giungano alla conoscenza della verità”, che è Gesù Cristo stesso (cfr Gv 14,6). Oso dire dunque che l’azione missionaria, più che a scopo salvifico, è da finalizzarsi a svelamento della verità evangelica a tutti i popoli, appagando per tutti la santa curiosità di quei due greci che si accostano all’apostolo Filippo, dicendogli: “Signore, vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21).

Le dizione “mandato missionario” – tema su cui abbiamo fatto variazioni – è molto impegnativa. Richiama l’idea di partenza, di sbaraccamento verso altri continenti con permanenza di durata incerta. Questa è un po’ la retorica legata al termine. Ma se si pensa com’è ora conciata l’Europa, non occorre andare troppo lontani per adempiere la chiamata missionaria. In un continente apostata come il nostro è più che mai urgente una nuova evangelizzazione. Da farsi in che modo? Gli apostoli portavano in giro per il mondo di allora una novità originalissima e inaudita. Non è più così per Nonna-Europa7, che conosce almeno verbalmente il Dio uno e trino e Gesù Cristo come Figlio di Dio. Il surgelato stallo evangelico in cui attualmente si trova il troppo vecchio continente, potrebbe cominciare a incrinarsi se al Rosario per un defunto non si sentissero solo voci femminili ma anche maschili, abitualmente a bocca incerottata. Ma ben più seriamente mi permetto di dire che sarebbe rincivilimento cristiano di portata missionaria, se genitori, tra loro perfettamente liberi, non chiedessero il battesimo per il pupo bypassando allegramente il matrimonio fra loro, secondo una dilagante usanza odierna.

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1 Non ho letto quest’enciclica, ma l’accennato contesto generale me la fa supporre a tema missionario.

2 Forte movimento religioso-culturale in voga negli ultimi secoli prima di Cristo e nei primi dopo di lui.

3 Salve alcune concessioni di imbonimento dell’uditorio (Mt 5,17-19), peraltro superate da una immediata presa di distanza dai fanatici del pulviscolo legislativo (Mt 5,20).

4 In verità la sentenza in questione è provocata da un tizio che di Gesù aveva sentito parlare (cfr Mc 9,38), ma l’enunciato conserva comunque il suo valore di principio.

5 E’ rapidissima la catechesi di Paolo ai dodici di Efeso (cfr At 19,1-7).

6 DANTE Paradiso XIX 67-78,

7 Argutamente così denominata da papa Francesco.