Battesimo di Gesù 2022

Giotto - Battesimo di Gesù
 
 
Giotto - Battesimo di Gesù

don Luciano Condina commenta il Vangelo Lc 3,15-16.21-22

Solo affidandoci a Dio vinciamo il peccato

Gesù, parlando del Battista, lo definisce «il più grande fra i nati di donna» (Mt 11,11). Significa che ha raggiunto la vetta a cui l’umano può tendere. Qual è? Rendersi conto del peccato e riconoscere il bisogno di Dio per superarlo. È ciò che facciamo in ogni messa nell’atto penitenziale.

Giovanni, nel predicare e amministrare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, ha raggiunto la vetta più alta della sapienza. Il resto è compito di Dio. Il Battista, per primo,  annuncia che la liberazione portata dal Messia non riguarda l’oppressore romano bensì il peccato, unico, vero, grande carceriere dell’uomo. Per questo è il precursore: perché anticipa correttamente ciò che farà il Messia e grazie a che cosa sarà possibile riconoscerlo.

Il testo prosegue rivelando il compimento di un’immagine che era ombra nell’Antico Testamento: ad Abramo è chiesto di sacrificare il suo unico figlio, il prediletto, l’amato, ma poi non dovrà più farlo.

Verrà invece un figlio diverso che sarà sacrificato e ci è mostrata una grande apparizione trinitaria: Gesù in preghiera, lo Spirito Santo che scende su di Lui e la voce del Padre che proclama a tutti: «Tu sei il figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22). Dio non sta mandando la sapienza; non sta mandando delle qualità umane concentrate in un uomo straordinario come Giovanni Battista, bensì sta mettendo sul piatto suo figlio, il suo compiacimento, la persona a cui tiene di più. E guardandolo non può che intenerirsi: “ecco il mio figliolo, il mio bimbo!”. Perché per un genitore i figli restano sempre piccoli. C’è una tenerezza dei genitori verso i figli e Dio, in questo testo, si mostra Padre affettuoso.

Gesù è lì in preghiera, cioè ha una relazione con il Cielo nella sua piccolezza e umiltà. Anch’Egli come se fosse un peccatore, perché se ne assume la condizione ricevendo il battesimo. E il Cielo si apre. È curioso che nella prima rivelazione da parte di Gesù egli resti in silenzio, perché è Dio a prendere l’iniziativa. Noi siamo introdotti nella Santissima Trinità per mezzo e grazia del battesimo.

Entrando nel segreto di Dio scopriamo che, alla radice della nostra esistenza, ci sono il bene, la luce, l’amore; che tutto quello che ci succede si può spiegare con l’amore. Se noi, ad esempio, spieghiamo la nostra vita con il successo, sarà un fallimento: per tanto che sembri, sarà sempre poco, insufficiente; e, raggiunto un obiettivo, dovremo sempre rincorrerne un altro. Se la vita fosse possesso avremmo sempre troppo poco. Se la vita fosse affermazione del proprio ego, sarebbe sempre tristezza per non averlo affermato mai a sufficienza. Se l’esistenza è amore le cose si spiegano meglio: le umiliazioni hanno una finalità buona, i dolori sono occasioni per crescere, imparare ad amare; e tutto quello che ci accade può essere letto in vista di una relazione.

Cosa succede all’uomo nel peccato? Vive senza una relazione con Dio e qualunque cosa faccia il cielo non si apre. Invece, a Gesù, il cielo si apre. Dunque entrare nella preghiera significa vivere una relazione unica con il Padre, perché solamente noi abbiamo avuto il dono di aprire gli occhi sulla natura di Dio che si è rivelata in Gesù. E la natura di Dio è relazione di dono gratuito, l’amore. La celebrazione del battesimo del Signore ci ricorda che cos’è il nostro battesimo: essere immersi in Dio e vivere del suo compiacimento.