Cristo, presenza di amore
XIX domenica tempo ordinario – Mt 14, 22-33
Dopo il miracolo straordinario della moltiplicazione dei pani che aveva suscitato grande entusiasmo tra la folla, in questo brano, secondo il parallelo del quarto Vangelo, Gesù intuisce che vogliono «prenderlo per farlo re» e allora «si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo» (Gv 6, 15). Letteralmente Gesù «costrinse» i discepoli ad allontanarsi perché non si lasciassero suggestionare da false macchinazioni e desideri troppo umani. Sono due scene, queste, che si corrispondono per contrasto: nella prima, Gesù senza i discepoli, solo sul monte, immerso nella comunione più totale con il Padre; nell’altra, i discepoli senza Gesù, soli con se stessi, sulla barca «agitata dalle onde, a causa del vento contrario». Non è difficile riconoscere la Chiesa in quella barca che compie una non facile navigazione attraverso il mare burrascoso del mondo. Matteo, infatti, conferisce al racconto un’intonazione spiccatamente ecclesiale, in sintonia con il tema di fondo dell’intera sezione in cui è collocato (13, 53-17, 27). Come gli ebrei durante l’esodo erano stati soccorsi da Jhwh, la cui presenza si manifestava nella nube o nella colonna di fuoco che li accompagnava, così ora Gesù placa il vento e sale sulla barca per soccorrere il gruppo di discepoli, che costituisce il nucleo germinale della comunità messianica. Tuttavia, essi non hanno ancora piena fiducia in Lui. Il loro entusiasmo messianico del giorno precedente è svanito come cambiano spesso i sentimenti, così come gira il vento… Per questo viene sottolineato nella pericope il potere sovrumano di Gesù persino sulle bufere, attribuite a forze demoniache… E «verso la fine della notte Egli venne verso di loro camminando sul mare». Gesù quindi non abbandona i suoi, anche se essi lo pensano. «Viene»: come quando la sera di Pasqua, dopo la prova estrema e tremenda della sua morte, incontra di nuovo i suoi discepoli (cfr Gv 20,1 9-26). Egli non può stare senza di loro. Li raggiunge in modo strano e imprevedibile, camminando sulle acque. Nella Bibbia l’acqua, soprattutto l’acqua agitata del mare, indica una forza negativa, ostile a Dio e agli uomini, una potenza di morte. Soltanto Dio ha il potere di padroneggiarla. Lui, il Creatore, il Signore e liberatore del suo popolo «cammina sul mare». In tal modo Gesù mostra di avere lo stesso potere di Dio. È quanto riconosceranno i discepoli di ieri e di oggi, proclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio». Ma quando gli occhi sono impediti dall’incredulità, si rischia di scambiarlo per «fantasma», cioè qualcosa di non reale, di inesistente, e ci si lascia afferrare dalla «paura». Gesù allora infonde «coraggio» perché Lui è la suprema realtà in contrapposizione all’apparenza ingannevole e alla nullità degli idoli. Colui che anche per noi è qui, è presenza indefettibile d’amore. Colui che c’è e ci salva (cfr Is 43, 10- 1; 44, 6; 46, 9). Significativa è anche la presenza di Pietro, che nella barca consentirà alla Chiesa di navigare sempre con fiducia e sicurezza in ogni situazione e in ogni epoca della storia umana, nonostante le tribolazioni e le persecuzioni da parte degli avversari. Allora, ogni volta che ci troveremo nella «tempesta », nei momenti di dubbio, di dolore, di solitudine, di fatica nel credere e testimoniare la fede, ascoltiamo Gesù che ci assicura con voce amica: Coraggio, sono io, non avere paura. Anch’io ho provato la solitudine e la paura, specialmente nell’ora della mia passione. Ma ora – vivo e risorto – sono qui accanto a te. Uno scrittore afferma: «Tutto passa: i dolori, le fatiche, la morte ma le stelle restano…».