Domenica delle Palme
A cura della Fraternità della Trasfigurazione
Uno stesso gesto può essere interpretato in modi diversi, poiché ciò che conta non è quanto accade ma la nostra lettura, la spiegazione che noi ne diamo. Così all’inizio del Vangelo di oggi vediamo alcuni degli invitati a casa di Simone il lebbroso indignarsi per lo spreco del profumo di puro nardo che la donna ha versato sul capo di Gesù, invece di darlo ai poveri. Si tratta evidentemente di una giustificazione atta a nascondere il loro odio nei confronti del Signore: anche la persona più generosa, infatti, non arriverebbe al punto di infuriarsi per la mancata offerta di denaro a chi ne ha bisogno. Gesù, al contrario, legge nel gesto della donna la profezia di ciò che avverrà: l’unzione del suo corpo per la sepoltura. Anch’egli, quindi, coglie lo spreco ma, diversamente dagli altri invitati che a causa del loro sguardo gretto e utilitarista non possono tollerare la gratuità del dono, ne apprezza il valore. Egli, anzi, arriva fino al punto di affermare che “dovunque sarà proclamato il Vangelo… in ricordo di lei si dirà anche quello che lei ha fatto”. Ciò avverrà solo per fare memoria della sua generosità? Probabilmente per un motivo più profondo: come per la vedova che ha gettato nel tesoro del tempio “tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,44), anche nell’atto di spezzare il prezioso vaso di alabastro Gesù vede la sintesi del suo Vangelo: il dono della sua vita nel mistero dell’Eucarestia e sulla croce. Tutto il resto del racconto è caratterizzato dal tema dell’incomprensione da parte dei personaggi che di volta in volta entrano in scena. In primo luogo Giuda, di cui Giovanni dice che era “ladro” e, di conseguenza, guidato da criteri utilitaristi e resistente di fronte alla possibilità di “odiare la propria vita” come suggeriva lo stesso evangelista nel Vangelo di domenica scorsa (Gv 12,25). L’incapacità di comprendere la passione di Gesù non è solo dovuta alla grettezza e durezza del cuore ma anche alla paura; molteplici, infatti, sono le cause dell’egocentrismo umano. Così nelle scene successive vediamo Pietro, troppo sicuro di sé al momento dell’ultima cena, rinnegare Gesù fino al punto di affermare di non conoscerlo. Una dichiarazione profondamente vera poiché l’apostolo, nonostante la lunga familiarità con il Signore, non ne aveva penetrato in profondità il mistero, ma lo aveva invece adattato alle sue aspettative di potere e grandezza. Man mano che il racconto continua l’incomprensione dei vari personaggi sembra inasprirsi sempre più. Vediamo così la folla diventare come cieca quando si tratta di decidere quale carcerato rilasciare in occasione della festa; sobillata dai sommi sacerdoti si rivela incapace di scegliere quale prigioniero liberare tra un assassino e colui che poco tempo prima avevano proclamato come il Benedetto “che viene nel nome del Signore” (Mc 11,19). Il culmine dell’incomprensione è tuttavia raggiunto al momento della crocifissione, quando la folla ed i sacerdoti invitano Gesù a salvare se stesso, atto che egli non avrebbe mai potuto compiere se non rinnegando il senso della sua incarnazione e della sua vita spesa nel dono. Allo squarciarsi del velo del tempio si aprono però anche gli occhi degli uomini; il primo ad accorgersi dell’unicità e grandezza di quanto sta avvenendo è il centurione ed è proprio dalle sue parole che ognuno di noi può iniziare un percorso di penetrazione sempre più profonda del mistero del Figlio di Dio che ha dato la sua vita per noi.