Domenica delle Palme 2022

 
 

don Luciano Condina commenta il Vangelo di Lc 22,14-23,56

Il Signore ci libera dai nostri peccati: camminiamo al suo fianco

Nel vangelo introduttivo della liturgia delle palme vediamo Gesù che si manifesta nel suo momento di maggior gloria. È interessante che questa gloria, per manifestarsi, richieda l’uso di un povero asinello, un animale legato sul quale nessuno è mai salito.

 Gesù manda due discepoli e, quando li manda due a due, significa che c’è da fare qualcosa di importante. Siamo nell’ambito della preparazione della Pasqua,  nell’ambito di tutto ciò che i discepoli stanno ricevendo per diventare, sino in fondo, portatori della Parola di Cristo sino ai confini della terra. Dunque avranno bisogno di capire questo atto.

Il puledro legato è un somarello. La parola “somaro”, esprime un animale da soma, un animale che porta un peso ma, essendo legato, non può ancora fare il puledro. Gesù lo renderà capace di essere un somaro “vero”, cioè uno che porta sul serio un peso.

Quel somarello siamo tutti noi che, legati come lui, non portiamo il peso che dovremmo: legati vuol dire immaturi, acerbi, ancora fuori dalla nostra missione. Noi siamo chiamati a essere slegati.

Il verbo “slegare” compare quattro volte nel testo. Qualcuno ci deve slegare affinché noi, insignificanti, portiamo sulle spalle la gloria. In effetti, ogni cristiano è una povera cosa, però qualcuno di straordinario è con lui.

Il puledro d’asino diventerà glorioso, vivrà una giornata straordinaria, ossia la giornata meravigliosa che l’uomo vive quando, finalmente slegato, è con Gesù.

È interessante il dialogo fra i discepoli che Gesù prepara e i padroni del puledro. «Entrando troverete un puledro legato sul quale nessuno è mai salito» (Mc 11,2). Nessuno ritiene quel puledro atto a fare l’animale da lavoro, sta lì fermo che aspetta qualcuno che se ne serva.

«Slegatelo e conducetelo qui, e se qualcuno vi domanda perché lo slegate rispondete così: il Signore ne ha bisogno» (Mc 11,2-3). Non c’era bisogno di raccontarci il fatto due volte; sarebbe stato sufficiente dire: avvenne proprio così. Invece il testo prosegue ripetendo in modo ridondante quanto già previsto da Gesù.

Perché mai i padroni del somaro dovrebbero cederlo a qualcuno? Perché se Cristo dice «slegate il puledro», il somaro dev’essere liberato.

I padroni del somaro – che rappresenta l’umanità da liberare – sono i nostri peccati, attraverso i quali il maligno la fa da padrone nella nostra vita: le menzogne, l’opinione del mondo, le nostre passioni disordinate; queste cose ci possiedono, ma Cristo, con una parola, slega, libera il e rende il somaro capace di vivere la storia della gloria di Gesù.

«Col soffio della sua bocca ucciderà l’empio» (Is 11,4).

Non ha importanza se siamo dei somari, conta essere slegati e usati da Gesù; questo è il nostro destino, è la nostra avventura meravigliosa, cioè essere slegati dalla Parola potente: «il Signore ne ha bisogno».

Dio ha un piano su questo umile animale, ha un piano su ognuno di noi, di libertà e i gloria. «Il Signore ne ha bisogno»: Dio ha bisogno di servirsi di noi.

Noi siamo curiosamente molto importanti per lui e ha bisogno di noi per manifestarsi. Infatti, per portare la sua parola nel mondo, si servirà della povertà della Chiesa e dei discepoli. Questi due discepoli – “somari” anch’essi – ottengono l’esproprio di un somaro attraverso l’autorità di Gesù, passando così dall’essere somari a essere salvatori. È questo il piano di Dio: farci simili a Lui.

E quel somaro non tornerà più indietro, nella sua schiavitù, perché «il Signore ne ha bisogno».