Essere famiglia in Cristo – V domenica di Avvento
La “piena di grazia” e l’“uomo giusto” Siamo ormai alle soglie del Natale e la parola di Dio ci trasmette un annuncio antico, che ha attraversato i secoli da quando Isaia, il più grande profeta scrittore, lo pronunciò in un momento difficile della storia di Israele, al tempo del re Acaz (734 a.C.): «Il Signore vi darà un segno: ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato “Emmanuele”, che significa “Dio con-noi”».
Inizia così la lunga attesa di quel “segno”, quasi eco all’Apocalisse: «Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap. 3,20).
E così, “in quel tempo”, l’angelo del Signore bussò alla porta della casa di Nazareth; rivelò a Maria il disegno di Dio e la coinvolse nel meraviglioso progetto di redenzione dell’umanità. Il dialogo fecondo, tra Dio e la Donna, permette al Verbo di entrare nella storia con le sembianze di un bambino.
Giuseppe viene a trovarsi di fronte al seno gravido della sua promessa sposa; e forse nei suoi pensieri risuonano le parole severe della legge di Mosè: «Se la giovane fidanzata non verrà trovata vergine, la si farà uscire sulla soglia della casa del padre e la gente della sua città la lapiderà, così che muoia…». (Dt 22, 2021). Certamente, lo spettro del ripudio, con tutte le conseguenze civili e penali che avrebbero umiliato Maria, turbavano il suo cuore.
Giuseppe non era l’anziano israelita accanto alla giovane donna di Nazareth, così rappresentato nell’iconografia tradizionale. Come ogni giovane d’Israele egli sognava una discendenza e nel suo sogno c’erano il volto e l’amore di Maria.
Pur nella sobrietà del racconto, Matteo, evoca il dramma di Giuseppe: smarrimento, dubbio, angoscia, stupore misto a incredulità… Ma proprio dentro la trama di questi pensieri e sui ruderi di un progetto infranto, Dio si fa vicino nel sogno: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù». Giuseppe, come Maria, viene a trovarsi all’ombra del mistero da protagonista, con il compito paterno di dare il nome a Gesù. Se Maria è la «piena di grazia», Giuseppe è «l’uomo giusto» che vive immerso nell’orizzonte di Dio. Prende con sé la sposa e i due «eccomi», quello di Maria e quello di Giuseppe”, permettono a Dio di farsi prossimo di ogni uomo e di ogni donna, disposti ad accoglierlo. La storia di Giuseppe, di cui non si conosce parola, ma solo gesti d’amore e silenzi pensosi, attesta che Dio ha voluto coinvolgere l’uomo in tutte le vicende umane. Cristo, entrando nel mondo, ha voluto nascere e crescere in seno a una famiglia. Accanto alla madre ha voluto un padre, perché nel disegno di Dio la famiglia scopra la sua identità e la sua missione. Gesù, figlio di Maria
e di Giuseppe Viviamo oggi in una società in cui alcune correnti di pensiero, sempre più diffuse, mirano a distruggere il nucleo familiare, proibendo perfino di chiamare i genitori con i dolcissimi nomi di “mamma” e “papà”. Noi discepoli di Gesù, contemplando la fede accogliente di Maria e di Giuseppe, siamo chiamati a rimettere, con più coraggio, la famiglia al centro della nostra attenzione, in ogni attività educativa e esigendo leggi capaci di riconoscerla, favorirla e proteggerla. E’ la famiglia infatti, che dà l’orientamento giusto alla vita, sviluppa la maturità nell’amore, dona la gioia del camminare solleciti sulle strade di Dio e del mondo, per una piena realizzazione umana, secondo il suo progetto. Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe, ridona al nostro mondo la gioia dell’amore che educa e consola; che dona e riceve “eternità” in una vita familiare serena, sotto lo sguardo paterno di Dio.