II domenica di Avvento Lc 3,1-6

 
 

Cerchiamo la via diritta –

a cura di Don Luciano Condina –

Nel terzo capitolo di Luca appare Giovanni Battista e la prima parte del testo è dedicata all’accuratissima ambientazione storica. Ciò che sta per narrare, sottolinea l’evangelista, non è una favoletta con princìpi morali o un’etica tratta da astrazioni razionalistiche, da quasi due secoli abbondanti nell’interpretazione scientifica della fede cristiana. Si parla di una storia concreta. La fede è collocata in eventi concreti e nel tempo: il quindicesimo anno di governo di Tiberio Cesare è inequivocabilmente il 29 d.C.

In poche righe è descritto il potere politico e religioso che un ebreo di Palestina del tempo aveva davanti agli occhi, ma – contrariamente a quanto ci si possa aspettare – la Parola di Dio non scende su alcuno dei potenti citati, bensì su un illustre sconosciuto, nel deserto.

Cosa ci insegna questo? Spesso cerchiamo Dio dove pensiamo che possa parlare in pompa magna, ai grandi, scoprendo invece che Egli crea modi di farsi sentire lontani dalla logica umana. Per entrare in questo Avvento e ricevere la voce di Dio forse stiamo guardando dalla parte sbagliata. Abbiamo un tizio solo nel deserto, un po’ strano, parecchio severo: si chiama Giovanni e parla a nome di Dio.

Spesso la Parola di Dio non è legata ai canali ovvi, ma a una creatività di Dio sempre nuova per ciascuno di noi. Dio non ama tutti in superficie, Dio ama ognuno singolarmente. L’uomo di buona volontà – a cui è destinata la pace – è invitato, in prima istanza, semplicemente ad ascoltare. Elemento fondamentale di fronte a Dio è stare in silenzio se ci si pone in ascolto, entrando nel “deserto”, è probabile sentirne la voce. “Deserto” è una parola latina che deriva da deserere, che significa “abbandonare”, cioè “slegarsi”. Pensiamo alle parole “inserto”, braccia “conserte”, che indicano qualcosa di serrato. Un uomo nel deserto è “colui che è slegato”. Per poter ascoltare la Parola di Dio dobbiamo essere slegati dalle cose e staccare la mente da tutto ciò che fa rumore. Spesso, però, ci afferra la paura. Di slegarci da chi? Dai potenti citati da Luca all’inizio del brano di questa domenica. Il deserto ci chiede di non essere disponibili per loro.

È curiosa l’espressione «voce di uno che grida nel deserto». Detta così, sembra un’operazione inutile, affidata al vento. Giovanni riceve la parola nel deserto e nel deserto la rilancia. Il deserto è il silenzio interiore da cui l’uomo fugge – il famoso silenzio “assordante” – ma in cui il Signore parla e ci attende all’appuntamento nell’interiorità. Ne “Il castello interiore” S. Teresa d’Avila racconta mirabilmente questa esperienza. E la voce, nel deserto, si ode forte e chiara, perché Egli grida.

Finché uno sta nella propria confusione, nel marasma delle preoccupazioni, nel mercato delle soluzioni da giocarsi ancora, la via al deserto è preclusa. Quando tutte le voci sono state azzerate, allora può apparire chiara e nitida una voce sola, che parla di “burroni da riempire”, di “monti e colli da abbassare” e indica vie tortuose da raddrizzare. Quando ci si perde nelle vie tortuose bisogna fermarsi, ascoltare e guardare verso Dio. E iniziare a dirsi: non devo credere al mio cuore quando si scoraggia o quando si autoesalta. Esiste una gioia illogica dell’uomo nell’“incartarsi”, nell’intraprendere strade che girano su se stesse, vie impervie che non portano da nessuna parte. C’è chi ama sottolineare gli scontri, i problemi; c’è chi, invece, ama la verità, la via diritta. Ogni uomo nel fondo del cuore la conosce; ogni uomo conosce la via semplice scritta nel profondo del proprio essere, dove solo Dio può entrare e fare da guida; quella via fatta di cose essenziali, di maschere gettate via insieme con le mille storie che uno si racconta su se stesso.

La salvezza non arriva per mano di Tiberio Cesare né per mano di Ponzio Pilato; né, tanto meno – ed è scandaloso – attraverso i sommi sacerdoti Anna e Caifa.

La salvezza arriva per mano di uno strano predicatore che invita alla semplicità, alla sobrietà.

Tempo di Avvento, tempo di strade semplici per ritrovare la propria Terra, la propria Origine.