IV domenica di Avvento
A cura della Fraternità della Trasfigurazione
La prima lettura della messa di oggi, ultima domenica di avvento e Vigilia di Natale, offre una prospettiva da cui partire per meditare il Vangelo. Davide, dopo essersi stabilito nella sua casa, confida al profeta Natan la sua intenzione di costruire una dimora per il Signore. Dio, però, trascende tutti i nostri pur generosi schemi mentali e fa sapere al profeta, affinché lo comunichi al re, che sarà invece lui a edificare una casa per Davide. Ed ecco giunto il momento della realizzazione della promessa che si attua secondo modalità del tutto originali, ben lontane da quelle che il pur generoso desiderio del re aveva ipotizzato. Dio non vuole essere racchiuso fra le quattro mura di un tempio; ciò a cui egli veramente ambisce è la relazione con la sua creatura, quella creatura con cui agli inizi del mondo egli aveva condiviso il suo respiro. Ed ecco che, maturati i tempi grazie ai quali la promessa può trasformarsi in realtà, Dio invia il suo angelo in una città della Galilea chiamata Nazaret, da colei in cui vuole porre la sua dimora. È straordinario questo Dio che non vuole lasciare traccia di sé in un maestoso monumento, come sono soliti fare i cosiddetti “grandi” della terra, ma desidera abitare in un grembo, farsi carne e poi entrare in relazione con noi, facendo di ognuno di noi la dimora dove lui, Parola incarnata, può vivere, crescere e trasformarci in lui. Perché, però, l’angelo viene inviato proprio a lei, a questa ragazza promessa sposa a un discendente della casa di Davide di nome Maria? Si tratta di una domanda fondamentale in quanto non solo aiuta a meglio conoscere Maria ma soprattutto perché è da lei che dobbiamo lasciarci ispirare per realizzare la vocazione che con lei condividiamo: diventare dimora di Dio. Dalla vergine possiamo imparare il coraggio che le ha permesso di affrontare i dubbi di Giuseppe, i giudizi dei suoi e della gente di fronte a questa insolita nascita. Di lei vogliamo imitare la capacità riflessiva: le parole dell’angelo non suscitano in lei una reazione impulsiva, immediata, ma nemmeno un rifiuto, una fuga al fine di evitare la vergogna, le critiche o addirittura il sarcasmo da parte dei suoi concittadini. Maria si limita a porre una domanda che le permetta di comprendere il “come”, di chiarire la dinamica di quanto sta per avvenire, ma non pone alcuna resistenza alla realizzazione di quel progetto di Dio che tanto aveva desiderato, senza tuttavia mai pensare che proprio lei sarebbe stata una dei protagonisti. Ed è proprio questo umile abbandono ciò a cui maggiormente dobbiamo guardare nel desiderio di rispecchiarci in lei. Maria, infatti, è dimora di Dio perché umile: il suo Io non ingombra il suo mondo interiore; al contrario la sua capacità di mettersi da parte, di non preoccuparsi per sé stessa lascia spazio a Colui che desidera venire ad “abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14); nello stesso modo la sua docilità, il desiderio che per lei avvenga secondo la parola di Dio trasfigura il suo grembo in nido, in culla per accogliere il Figlio dell’Altissimo. Preghiamo, dunque, perché in questo Natale, insieme ai molti regali da parte di coloro che ci vogliono bene, possiamo ricevere il dono più prezioso: divenire partecipi delle ricchezze spirituali
della Madre di Dio, che è anche Madre nostra.