l’angolo di don Alberto / DONI DELLO SPIRITO SANTO
Non è prerogativa esclusiva di Babbo Natale portare doni.
C’è pure lo Spirito Santo che elargisce doni raffinati, non comuni carabattole. Mi sto riferendo a un classico della dottrina cristiana, i famosi doni dello Spirito Santo.
Da dove saltano fuori?
Il primo a prospettarli è stato il profeta Isaia (11,1-2), che accenna a un personaggio futuro, sul quale planeranno i doni dello Spirito, o meglio lo Spirito di Dio individuato nelle sue tipiche prestazioni. Sentiamo:
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Lasciamo stare tronchi, virgulti e germogli. Limitiamoci a dire che sono vegetali allusivi al venturo Messia, da noi cristiani identificato con Gesù Cristo. A noi interessa lo Spirito Santo, così multiforme nella sua efficienza. I rabbini che nel terzo secolo a. C. hanno tradotto in greco dall’ebraico quello che già esisteva della Bibbia[1], hanno infilato, fra lo Spirito di conoscenza e di timore del Signore, lo Spirito di pietà. Ci sta bene perché eleva a sette il numero dei Doni dello Spirito Santo. Nella dottrina cristiana il numero sette è un numero nobile. Vi si contano infatti parecchi settenari: quello della creazione, quello dei sacramenti, delle opere di misericordia, delle virtù, dei vizi capitali e, grazie alla libertà degli accennati traduttori, anche quello dei doni dello Spirito Santo[2]. Verrebbe da pensare che i traduttori avessero ricercato per i doni in questione una specie di allineamento aritmetico con altri prestigiosi settenari.
Se leggiamo con attenzione il testo di Isaia, vediamo che non si tratta di sei o sette[3] spiritelli che fanno corona allo Spirito Santo, ma è lo stesso Spirito Santo che si esplica attraverso sette funzioni. Si tratta dunque di uno Spirito Santo trasformista, in ragione delle circostanze e delle necessità di chi lo riceve.
Lo Spirito Santo può essere donato o sprecato a seconda della serietà di intenzioni di chi Lo riceve. Il sacramento che lo comunica è la cresima. Il vescovo – o chi per esso – in preliminare alla cresima pronuncia sugli interessati la seguente preghiera che assorbe il passo sopra citato di Isaia:
Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che hai rigenerato questi tuoi figli dall’acqua e dallo Spirito Santo liberandoli dal peccato, infondi in loro il tuo Santo Spirito Paraclito: Spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, e riempili dello Spirito del tuo santo timore. Per Cristo nostro signore.
Questa preghiera esplicita in esordio i connotati cristiani di Dio, qualificato come Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Quando si dice qualcosa occorre assicurarsi di dirla alla persona giusta, onde evitare equivoci. Poi vengono circostanziati anche gli interessati, in quanto rinati dall’acqua e dello Spirito Santo[4]. Si chiede in preliminare che Dio effonda sugli interessati il Suo Santo Spirito Paraclito. Questo “soprannome” abbastanza specialistico ricorrente nel Vangelo di Giovanni (14,16.26; 15,26; 16,7) vuol dire consolatore, termine forse un po’ patetico, onde preferisco quello etimologico di “avvocato”[5].
E dopo questi ampi e mirati preamboli, ecco finalmente la cascata dei sette doni, che ora dobbiamo visitare. Per vero dire alcuni si pestano un po’ i piedi, per esempio, sapienza e scienza, onde la loro identificazione si fa particolarmente sottile. Ma ci siamo messi per questa strada e dobbiamo andare avanti.
Spirito di Sapienza. Pensiamo alla latina: sàpere significa conoscere gustando quello che si conosce. E’ una conoscenza che si mescola con l’amore e trova il suo momento visivo nella contemplazione. Le verità di fede non si possono conoscere solo di frigida conoscenza intellettuale, ma devono essere conosciute apprezzandone la bontà e la bellezza[6].
Spirito di Intelletto. Vieta di rimanere alla superficie. Di certe cose bisogna andare a fondo, evitando la tentazione della superficialità, assai spesso bonificata in leziosaggini tipo «vorrei avere la fede di mia madre». Modo un po’ patetico e frignante per connotare una fede semplice e limpida. Pur con tutto il rispetto, la tua fede non può essere superiore e più consapevole di quella di tua madre? Quindi in questo Spirito vedrei il desiderio di approfondire le verità di fede, almeno fin dove si può.
Spirito di Consiglio. Consigliare e consigliarsi, facendo giuste scelte, evitando cantonate, è importantissimo. Il detto «non datemi consigli, so sbagliare da me» (Pitigrilli) è simpatico per la sua arguzia, ma anche un pochino arrogante. Tutto dipende dalla natura del consiglio e dalla qualità del consigliere che, trattandosi di Spirito Santo, è affidabilissimo.
Spirito di Fortezza. Non è evidentemente uno spirito “bicipitoso” e super-palestrato. Si tratta qui di forza d’animo, di cui si è più o meno dotati, per affrontare le avversità della vita. Estremizzando possiamo dire che è lo Spirito che abilita al martirio, ove le circostanze lo richiedano. Se lo Spirito Santo ci potenzia in questa direzione, quantunque non abbiamo in previsione il martirio (per adesso …), lo accettiamo ben volentieri.
Spirito di Scienza. E’ lo Spirito che ci educa a interpretare fatti e vicende umane alla luce della fede. Per usare una parola un po’ difficile, diremmo che è l’ermeneutica (= interpretazione) cristiana della storia umana, oggi più che mai barbara e caotica.
Spirto di Pietà. Non è capacità di provare compassione, per quanto commendevole sia questa disposizione interiore. E’ lo Spirito di preghiera, che ce la fa amare e praticare apprezzandola sinceramente. Quando diciamo «quella è una persona pia», vogliamo dire proprio questo. La pietà, detta pure devozione, è la preghiera ragionevolmente praticata, che non ha nulla a vedere con la bigotteria. L’apprezzavano anche gli antichi rimani, tanto che il loro remoto patriarca, l’eroe troiano Enea, era qualificato come pius Aeneas[7].
Spirito del Timore di Dio. La preghiera in questione ne rafforza la necessità, dicendo «riempili dello Spirito del tuo santo timore». Non è sufficiente una spruzzatina col nebulizzatore, occorre esserne pieni. Timore è diverso da terrore. Quest’ultimo si prova verso un ingiusto aggressore (= terrorista). Il timore è quel senso di soggezione che si prova dinanzi a una persona che ci ama, che vuole il nostro bene, che non è “buonista”, che è giusta, con la quale sappiamo che dovremo prima o poi fare i conti.
Fra questi sette doni pregiati quello che a parer mio oggi manca di più è il timore di Dio. Se ce ne fosse anche solo il pulviscolo non saremmo frastornati dalle scelleratezze che la cronaca impietosamente travasa ogni giorno nelle nostre orecchie. E’ lo Spirito Santo che non ce lo omaggia più, o è il destinatario che lo rispedisce al mittente come pacco postale non gradito?
Mons. Alberto Albertazzi
NOTE
[1] E’ la famosa traduzione così detta dei Settanta (LXX).
[2] Sette sono pure gli sternuti fatti da un ragazzo appena risuscitato dal profeta Eliseo (2 Re 4,35). Ma questi sono settenari di più basso profilo rispetto a quelli riportati nel testo. Lasciamo stare pure i sette nani di Biancaneve, perché i Fratelli Grimm non sono autori biblici.
[3] D’ora innanzi saranno sette con buona pace dell’originale ebraico.
[4] E’ evidente il riferimento al battesimo, qui evocato dietro suggerimento di Gv 3,5.
[5] Lo Spirito Santo prende le nostre difese contro Satana, (in ebraico significa “accusatore”), che si trova in questo ruolo in Apocalisse 12,10.
[6] Manzoni dice «Bella, immortal! benefica \ fede ai trionfi avvezza! » (Il cinque maggio, 97-98).
[7] VIRGILO, Eneide, VI 9. Cfr DANTE, Inferno, XXVI 60