l’angolo di don Alberto (GIUBILEO DELLA) MISERICORDIA

 
 

(GIUBILEO DELLA) MISERICORDIA

Altro giubileo in pista. Se sono esatte le notizie di internet, si tratterebbe del 65° giubileo straordinario. Un po’ tantini per dirlo straordinario. Quelli ordinari sono a cadenza venticinquennale. Se si pensa che il primo giubileo è quello dantesco (Inferno XVIII 29) indetto da Bonifacio VIII nel 1300, da allora i giubilei si sono un po’ inflazionati.

Ogni undici anni ci sarebbe stato un giubileo straordinario, e in tale lasso di tempo si sarebbe infilato dentro il giubileo ordinario. Proporrei per semplificare le cose di indire un giubileo ogni anno bisestile: un giubileo dunque ogni quattro anni, come le olimpiadi e i mondiali di calcio.

Sono stato irriverente e villano, ma infondo ho solo giocherellato sui numeri, con una blanda insinuazione a non inflazionare lo straordinario, per potere capire cosa è ordinario e cosa è straordinario.

Bello è però il tema del giubileo in vista: la misericordia, nella quale si contempla la gentilezza di Dio verso quella catastrofe planetaria che è l’uomo. La misericordia è elegante nella misura in cui non è spettacolarizzata. Speriamo che il giubileo sia gestito nel buon gusto.

A quanto ho letto qua e là le premesse intenzionali mi pare che ci siano.

La Bibbia è vicenda di misericordia. Nell’Antico Testamento, mescolata a misericordia, troviamo anche un po’ di irascibiltà divina, ma nel Nuovo abbiamo picchi elevatissimi di misericordia. Mi limito soltanto a citare il gran teorema lucano della misericordia: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).

Sembra una trascrizione del teorema di Matteo: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Si direbbe che Luca ravvisi la perfezione divina nella misericordia e che Matteo fiuti nella misericordia la perfezione di Dio: si va avanti e indietro ma è poi sempre la stessa cosa.

Osserviamo con attenzione quel “come”, da me sottolineato. Che senso dobbiamo dargli? Un senso equativo? Come se fosse «nella stessa misura in cui»?

E’ da capogiro! La spilorcia misericordia umana non potrà mai eguagliare quella divina. Sento quel “come” in senso dichiarativo: «per il motivo che». Allora i conti tornano: «Siate misericordiosi per il motivo che il Padre vostro è misericordioso».

Sono sottigliezze, che però ci aiutano a mentalizzare lo stordimento provocato da quel sovrumano “come”. Un po’ come se Gesù avesse detto: «Cercate di concedere il massimo della vostra misericordia, così come Dio fa nei vostri confronti con la Sua»[1].

Nel giubileo quale misericordia sarà celebrata? Quella di Dio o quella eventuale degli uomini?

Presumo quella di Dio.

La misericordia di Dio è garantita? Sì, se ce la meritiamo, e ce la meritiamo nella misura in cui ci pentiamo. Il perdono accordato senza pentimento è buonismo, il perdono accordato dietro pentimento è misericordia.

Non ha importanza la gravità del peccato. Se il pentimento c’è, la misericordia è concessa anche ai peggiori gaglioffi: la logica ci obbliga ad ammetterlo, diversamente arriveremmo alla conclusione mostruosa che il male è più potente di Dio.

E siccome di questi tempi il male in ogni sua manifestazione sta dilagando, ben venga il giubileo della misericordia. Questo giubileo è un richiamo straordinario in un frangente storico di straordinaria preoccupazione.

Il terzo millennio al quale si è gaiamente brindato, è partito come peggio non si poteva: dalle torri gemelle in avanti, sino ai nostrani atti di bullismo. A renderci ancora più perversi c’è il recente ritrovato del gusto del male e dell’arroganza compiaciuta verso illegalità e brutalità.

Penso a pubblici amministratori tronfi e impettiti che vengono raccatti dalla polizia e alla ripresa digitale di feroci pestaggi che minorenni infliggono a ragazzine più giovani di loro. In circostanze come queste è persino difficile che possa scoccare la scintilla del pentimento.

 

Se Dio conta nella vita e nella storia umana – e la Chiesa ne è fermamente convinta -, occorre smuoverne la misericordia, perché non rovesci su questo pianeta la sua indignazione[2].

E’ inevitabile dunque a parer mio che il giubileo della misericordia di risolva in un giubileo penitenziale, con valorizzazione dei mezzi di ravvedimento di cui dispone la Chiesa, primo fra i quali è il sacramento della penitenza, oggi paurosamente decaduto per due motivi: l’attenuazione irresponsabile del senso del peccato e l’estenuazione del sacramento stesso per eccesso d’uso che se n’è fatto in passato[3].

Se il giubileo ci aiuta a riequilibrare ragionevolmente questo sacramento, un altro motivo per dire “ben venga il giubileo”.

C’è il rischio di fraintendere buonisticamente il giubileo. Ho già sentito serpeggiare qualche timore, come se il giubileo si proponesse di concedere a tutti un’amnistia, senza pagare almeno qualche conto. Qualcuno si chiede, con tutti gli scandali di ogni genere che si sentono, che senso abbia un “giubileo della misericordia”. Per 365 giorni non si deve sbattere nessuno in galera?

Si devono consentire libere evasioni dalle patrie galere? Evidentemente no: questo sarebbe insulso buonisno.

Ricordiamoci che il giubileo dovrebbe celebrare innanzi tutto la misericordia di Dio, che ne è datore supremo[4]. La misericordia umana non è di certo accantonata, ma deve essere correttamente intesa, come una riconciliazione interpersonale, nei rapporti privati e magari anche sociali e politici[5], ma non istituzionali.

E’ ovvio che le istituzioni non possono istituzionalmente praticare misericordia neppure in caso di accertato pentimento, ma devono applicare la legge con ragionevole vigore e rigore, al meglio delle possibilità umane, con l’avvertenza prudenziale che è meglio un delinquente in libertà che un innocente in galera.

A questo punto il problema che si pone – mi pare di averne già scritto – è quello di conciliare giustizia e misericordia, che concettualmente si pongono in aperta contraddizione. Non so come se la cavi Dio in questa faccenda, essendo misericordia infinita e giustizia infinita.

Personalmente reputo che la sua misericordia conceda a tutti la grazia della resipiscenza finale[6], lasciando di conseguenza vuoto l’inferno. Se fosse semplicemente così, sarebbe molto comodo e si tornerebbe al deprecato buonismo. Non c’è nulla di più irritante che trattare tutti allo stesso modo, senza riconoscere meriti e demeriti. Interviene allora il purgatorio, per quanto poco documentato nel Nuovo Testamento[7].

Facciamo bene a non dimenticarlo e sottovalutarlo. Tra andare il paradiso per direttissima e rimanere in purgatorio finché ne saranno fredde le muraglie, ne corre. A questo mio modo di vedere fa sbarramento quel “oggi” detto al buon ladrone[8], che in vita sua non è stato farina da fare ostie.

Sinceramente non so come uscire da questa impasse. Mi chiedo però se solo il presidente della repubblica abbia il potere di grazia e non anche il Figlio di Dio!

Concludo citando un testo quaresimale del Messale Romano (p. 101), che della misericordia dice tutto:

 

O Padre, che dai la ricompensa ai giusti

e non rifiuti il perdono ai peccatori pentiti,

ascolta la nostra supplica:

l’umile confessione delle nostre colpe

ci ottenga la tua misericordia.

Per Cristo nostro Signore[9].

Testo di mirabile bellezza! Sintetizza in poche righe quello che io ho sbrodolato in due pagine. Non è esagerato dire che la liturgia è una efficacissima scuola di preghiera, educata a sua volta alla scuola di sobrietà linguistica, raccomandata da Gesù (Mt 6,7) quando si mette in procinto di Padrenostro: la più definitiva e meno parolaia di tutte le preghiere.

Mons. Alberto Albertazzi

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[1] Ci sono troppe affermazioni del NT in questo senso per poterne dubitare (Lc 23,43; Gv 6,39; 1 Tim 2,4; e soprattutto 2Pt 3,9: «Egli [Dio] è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi»).

[2] Vi abbiamo solo un possibile accenno in 1 Cor 3,15.

[3] «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43).

[4] Ne riporto il testo latino: Deus , qui et iustis praemia meritorum \ et peccatoribus veniam per paenitentiam praebes, \ tuis supplicibus miserere, \ ut reatus nostri confessio \ indulgentiam valeat percipere delictorum.

[5] Nato come una cobalto-terapia si è estenuato a rango di aspirina. Penso alle “buone abitudini” di una volta: confessione settimanale, magari solo perché si era saltata la Messa festiva causa malattia.

[6] Cfr Salmo 86[65],5: «Tu sei buono, Signore, e perdoni, \ sei pieno di misericordia con chi ti invoca».

[7] Cfr Messale Romano, Preghiera eucaristica II della riconciliazione, p. 923: «Riconosciamo il tuo amore di Padre \ quando pieghi la durezza dell’uomo, \ e in un mondo lacerato da lotte e discordie, \ lo rendi disponibile alla riconciliazione. Con la forza dello Spirito tu agisci nell’intimo dei cuori, \ perché i nemici si aprano al dialogo, \ gli avversari si stringano la mano \e i popoli si incontrino nella concordia».

[8] Lev 19,2 in un passo analogo si esprime così: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo».

[9] Ha comunque detto di non farlo più: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza» (Gen 8,21).