Lirica legislativa
a cura di Mons. Alberto Albertazzi
alberipazzi@gmail.com
Un “poeta” vercellese, mi sembra anni sessanta, aveva composto e pubblicato una raccolta di poesie, di cui ricordo un paio di versi che recitano: «sul ponte della Sesia / la vaporiera passa /a voce bassa». E un altro poeta, lui pure vercellese, sotto pari ispirazione ferroviaria, stornellava: «giunge il treno fischiando alla stazione / con grandi sbuffi e con stridor di freni; /gente discende in grande confusione, / altra vi sale urtandosi le reni». Mi è faticoso supporre che questi due poeti-Trenitalia abbiano ottenuto il premio Nobel per la letteratura!
E adesso mi viene in mente un vero poeta d’altri tempi, non sempre castigatissimo nei costumi e nel poetare: Catullo, poeta latino morto suppergiù trentenne (84-54 circa aC), che massacrò con un feroce epigramma (Carme 22), in trimetri giambici scazonti (=zoppicanti) (1), un poetastro dei suoi tempi, certo Suffeno del quale nulla sappiamo, se non che avrebbe fatto meglio a non poetare; perché, a detta del sirmionese (2), questo Suffeno avrebbe composto e pubblicato poesie pietose (a noi non pervenute).
Quest’ampia premessa per dire che poeti non si diventa ma si nasce. Non è sufficiente un pizzico di esaltazione lirica o ferroviaria per comporre poesie nella speranza che abbiano successo. Innanzi tutto occorre individuare un tema che meriti di essere trattato poeticamente: non credo che a qualcuno venga in mente di cantare poeticamente la discarica comunale! C’è la poesia lirica che può cantare donne, paesaggi, amore. C’è la poesia epica, satirica, tragica, ermetica. E altri generi poetici che tralascio.
Ma nella Bibbia, che in fatto di poesia non scherza, abbiamo una sorpresa che reputo sua esclusiva: la “lirica legislativa”, che ho piazzato in titolo al presente foglio. La qualifica di lirica legislativa non si trova nelle antologie scolastiche, perché l’ho inventata io per denominare letterariamente un singolarissimo genere poetico che, per quanto mi consta, troviamo solo nella Bibbia: la celebrazione poetica della legge di Dio. D’accordo, è di Dio, ma sempre legge è. Ed è arduo trovare spunti poetici in una legislazione, che bada prevalentemente a esprimere la volontà del legislatore. La legge, più che essere celebrata poeticamente, chiede di essere rispettata e obbedita. Invece il salmista coglie nella legge di Dio spunti poetici che gli fanno comporre il più lungo dei 150 salmi. Si tratta del salmo 118 (3), che conta 176 distici (4). Ogni distico ammira, loda, esalta un aspetto, una prerogativa della legge di Dio. Ciò che è mirabile e curioso insieme, è che in ogni distico è menzionata la parola “legge” o altra che biblicamente si può considerare di pari ambito semantico, tipo:
1. Via in quanto le legge di Dio indica la strada da seguire nella vita;
2. Precetto;
3. Comandamento;
4. Decreto;
5. Parola, in quanto la legge di Dio, al pari di ogni altra, è verbalizzata;
6. Insegnamento, perché la legge di Dio è anche sorgente di istruzione.
E così avanti. Unico distico in cui non compare nessuno dei concetti ora elencati è il 122. Vi si potrebbe ravvisare una licenza poetica!
L’originalità spiazzante sta nella scelta del poetare. A chi verrebbe in mente di fare una poesia sulla Costituzione della Repubblica Italiana o suo Codice Civile o Penale che sia? Aridità per aridità, non sarebbe molto diverso dal fare una poesia sull’elenco telefonico! Eppure l’ignoto salmista compone con successo una stupenda “lirica legislativa”, con inesauribili variazioni sul tema. E fa bene, perché il differenziale fra la legislazione divina e la legislazione umana consiste essenzialmente in questo: la legge umana chiede di essere obbedita ma non di essere amata; la legge divina invece chiede di essere obbedita e di essere amata. E, laddove c’è amore, la poesia è appena dietro l’angolo.
Mirabile è pure la sofisticata architettura letteraria di questo salmo. E’ composto di 22 strofe di otto distici ciascuna. E ogni distico delle singole strofe inizia sempre con la medesima lettera in progressione dell’alfabeto ebraico, che conta appunto 22 lettere (5). Quindi c’è la strofa Alef, la strofa Bet, la strofa Ghimel … per concludere con la strofa Tau, che è l’ultima (6). Il primo distico è programmatico dell’intero salmo:
Alef. Beato chi è integro nella via
e cammina nella legge del Signore.
La Liturgia delle Ore, che è la preghiera ufficiale quotidiana della Chiesa, disposta su ciclo di quattro settimane, fa passare ogni giorno, salve rarissime eccezioni, una strofa in progressione giornaliera del nostro salmo, collocandola in prima posizione nella salmodia dell’Ora media. Si ha in tal modo l’opportunità ogni giorno di apprezzare, lodare e amare la Legge di Dio. E’ appena il caso di ricordare che, quando in questa sede si parla di Legge di Dio, dobbiamo pensare al Decalogo e non a datatissime leggine che troviamo soprattutto nel libro del Levitico.
Ma se ho osato riconoscere a questo mastodontico salmo un afflato lirico, a conti fatti vi prevalgono intenzioni didascaliche, ravvisabili anche nella sua lambiccata struttura letteraria. Se vogliamo apprezzare la “lirica legislativa”, dobbiamo spostarci su un altro salmo, più breve, articolato su due stanze poetiche (7). Si tratta del salmo 18(19), laudativo di Dio creatore e di Dio legislatore, con l’avvertenza che si tratta sempre dello stesso Dio. Nella prima stanza si esterna ammirazione per il firmamento:
I cieli narrano la gloria di Dio,
e l’opera delle sua mani annuncia il firmamento.
Poi, dopo avere ammirato la luce gagliarda del sole, «che esce come sposo dalla stanza nuziale: esulta come un prode che percorre la via», oggetto dell’attenzione poetica diventa la legge:
Le legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice…
I giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti
più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
La migliore sintesi della legge di Dio la troviamo nel libro dei Deuteronomio (6,5):
Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Cui possiamo aggiungere una perla del peraltro arido Levitico (19,18):
Amerai il prossimo tuo come te stesso.
A tutto ciò fa eco orante la preghiera della Messa della XXV domenica del tempo ordinario:
O Dio, che nell’amore
verso di te e verso il prossimo,
hai, posto il fondamento di tutta la legge,
fa’ che osservando i tuoi comandamenti
meritiamo di entrare nella vita eterna.
Terminiamo ora questa passeggiata nella quale, partiti dalla poesia, transitati per la legge, per l’amore, per la preghiera, siamo giunti alla vita eterna.
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1IIl trimetro giambico è un verso della metrica latina, parecchio cavalcato da Catullo.
2 Catullo era di Sirmione sul lago di Garda, cui dedica lo scintillante Carme 31.
3 Secondo la numerazione praticata dalla liturgia. Nelle Bibbie da lettura e studio, per motivi che non sto a spiegare, è classificato come salmo 119.
4 Il distico è un modulo poetico, praticato soprattutto nell’antichità, formata da due versi in alternanza.
5 Classificate tutte come consonanti. Le vocali non erano scritte ma venivano pronunciate, perché senza di esse non si parla ma si grugnisce. Nella grafia le vocali sono state aggiunte successivamente.
6 Questo elaborato procedimento tecnicamente si chiama acrostico.
7 In poesia si chiamano stanze certe strofe corpulente e monotematiche, dette altrimenti ottave. Famose sono le Stanze della giostra di Angelo Poliziano (1454-1494).