L’umiltà è una questione di fatti – XXII domenica tempo ordinario

Il Vangelo di questa domenica ci invita a riflettere sull’umiltà. Farsi umili significa servire e donare senza attendersi nulla in cambio, questa è la vera umiltà. «Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai in- fatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti» ( Lc 14,12–14). L’umiltà è, prima di tutto, una questione di fatti, di scelte, di atteggiamenti concreti, non un modo di pensare o di sentire. E’ disponibilità a scendere da noi stessi, dal nostro “io”, sui bisogni degli uomini che Dio ci mette accanto. E’ volontà di servire per amo- re, senza nessun vantaggio. L’umiltà é la forza, la malta per ogni matrimonio oltre che in qualsiasi relazione umana, è l’insospettabile parentela con la carità, l’umiltà impedisce che si formino nel cuore risentimenti e muri di silenzio. Anche perché il vero amore nasce sempre da un profondo atto di umiltà. Anche il santo curato d’Ars diceva: «Ho ricevuto due lettere della stessa forza: in una si diceva che ero un gran santo, nell’altra che ero un ipocrita. La prima non aggiunge niente, la seconda non mi toglie niente: davanti a Dio si è quel che si è e nulla di più». L’umile sente che tutto è dono di Dio e ha fretta di donare tutto. Tale è stato l’atteggia- mento della Madonna. Alle parole della cugina Elisabetta: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?», Maria non si esaltò, ma esultò in Dio, sorgente di ogni cosa: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1, 45–48). L’umiltà dona la pace e il senso profondo di vive- re nel cuore di Dio, così è stato nella vita del grande san Carlo Borromeo, che ha fatto dell’umiltà il motivo della sua vita di cristiano e di Vescovo di Milano. Vogliamo a conclusione di questa riflessione elevare questa preghiera di Michel Quoist perché la fiducia in Dio, pervada la nostra vita di credenti e ci renda più umili: «Ho pensato, Signo- re, a quel povero mattone interrato nella notte alla base del grande edificio. Nessuno lo vede ma lui fa il suo lavoro e gli altri han- no bisogno di lui. Signore, non conta che io sia in cima alla casa o nelle fondamenta, purché io sia fedele, al mio posto, nella tua Creazione».