Natività di Maria Vergine – Un inno alla vita
8 settembre, Santuario di Vicoforte – Mondovì
Mi, 5, 1–4; Gal 4, 4–7; Mt 1, 1–16
- Secondo la tradizione delle nostre Chiese particolari, l’inizio di settembre costituisce l’avvio del nuovo anno pastorale, tempo scandito dalla celebrazione dei misteri di Cristo; la cui vetta è la pasqua del Signore risorto.
La festa gaudiosa della Natività di Maria è una sorta di vigilia, il dies natalis della nuova umanità; è la vigilia dell’Incarnazione del Figlio di Dio, attorno a cui gravita il tempo drammatico degli uomini.
Quando diciamo Natività di Maria è come se dicessimo il giorno prima del natale del Signore, e come se dicessimo l’inizio della vita, della storia e della speranza.
Non a caso questo straordinario santuario, quando accoglie i pellegrini, dall’alto dell’arco dell’ingresso principale, ci offre un’immagine simbolica: l’aurora consurgens, che vuole evocare il mistero di Maria, l’aurora che sorge e invade il mondo di luce. Maria è l’aurora della Luce; Gesù è il sole che avvolge la terra. Maria è la stella del primo giorno che annuncia il sole di giustizia. Maria riceve la luce e la irradia.
- La suggestiva immagine pittorica sembra commentare la pagina del vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato, forse con qualche fatica, con i nomi strani delle generazioni dell’antico testamento. La fatica del nostro ascolto, sembra richiamare la stessa fatica della storia, protesa verso la pace. La confusa sequenza dell’umanità racconta circa diecimila trattati di pace; e ciò significa che la lunga vicenda umana gronda il sangue di guerre infinite.
Ma il caotico intreccio delle generazioni quasi improvvisamente si illumina; la storia si apre ad un orizzonte di luce: Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria. Accanto a Maria c’è l’uomo giusto, Giuseppe; da Maria nasce Gesù, il giusto che fa giusti.
La nascita di Maria è immersa nel silenzio del mistero. Al centro c’è Gesù, la sua pasqua di risurrezione.
Pertanto la storia del mondo non gravita attorno ad eventi; ma attorno all’Evento. Paolo nella lettera ai Galati è lapidario: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio, nato da donna” (Gal 4, 4)
Per questo ha ragione Jean Daniélou – un grande teologo del concilio – quando scrive che noi “viviamo in piena storia sacra”. Ed ogni evento, illuminato dalla fede, ha un messaggio da consegnare all’uomo di questo tempo. La storia sacra è tempo di luce, non senza le sue drammatiche oscurità.
Non a caso il papa Francesco ricorda che “E’ urgente ricuperare il carattere di luce proprio della fede… La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo” (Lumen fidei, 4) , tutta la sua storia.
“Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, la stella del mattino che non tramonta”. (L.f 1).
E’ urgente…, scrive il Papa, perché la crisi più drammatica di questo tempo non è quella economica, incombente in dimensione planetaria.
Il buio in cui brancola l’uomo è lo smarrimento di senso, l’oblio della luce.
Come è risaputo, noi oggi viviamo in una società a due velocità, che rischiano di non incontrarsi mai: da una parte la velocità dei sani che hanno sempre fretta; corrono da mattino a sera e non hanno tempo; hanno la giornata lunga che non basta mai; dall’altra c’è la velocità della solitudine e della malattia che hanno la notte lunga che non passa mai.
In questo orizzonte culturale c’è l’oblio del senso, la mancanza di significato, di luce sui tre eventi universali: del nascere, del vivere e del morire.
Infatti il contesto fortemente secolarizzato ha annebbiato il valore salvifico della croce e ci si accontenta di divertire gli anziani, aiutandoli a vivere un ultimo scampolo di illusione consumistica.
Oppure si trasformano i cimiteri in parchi verdi, togliendo ogni segno di croce per esorcizzare la morte, come già accade in certi paesi nordici.
In altri contesti culturali, il nascere , il vivere, il soffrire erano illuminati dalla fede. Stavano sotto il segno della croce.
Dentro questo orizzonte dell’oblio del senso, della luce spenta, penso alla drammatica condizione culturale di tanti giovani, che sono sul treno della vita e non ne conoscono la direzione.
Dietro l’angolo oscuro della vita, senza senso, c’è la noia, “la globalizzazione dell’indifferenza”, dice il Papa; c’è la droga, e purtroppo la violenza soprattutto verso la donna.
L’Europa ha un triste primato tra i giovani, la diffusione del suicidio provocato dalla cultura del vuoto. Molta gente crede che quando c’è la salute, il successo, la ricchezza, c’è tutto. Ma questa illusione è sinonimo di buio. La vita è sempre a rischio quando i tre eventi – il nascere, il vivere e il morire – sono caduti nel buio del non senso.
- C’è però un raggio di luce che illumina il mondo in questa celebrazione popolare della Natività di Maria, come celebrazione della vita.
Dire natività di Maria, significa riconoscere la seconda genesi dell’umanità; significa ricordare il compleanno della seconda Eva, contemplare il nuovo inizio di una vita bella: “In te il Signore ha posto le sorgenti della vita”, abbiamo pregato nel salmo responsoriale,
La parola di Dio è di una straordinaria efficacia per restituire luce alla vita e alla storia. La nascita della donna di Nazareth è illuminata dal Sole che sorge, Gesù; Maria è l’aurora che illumina il mondo tenebroso degli uomini.
Non è l’aurora che illumina il sole; ma il sole che si annuncia attraverso l’aurora; e tutto si illumina.
E’ una pagina commovente da rimeditare quella di papa Francesco, là dove celebra la fede come luce che illumina il mondo.
Sono soprattutto quattro i tempi della luce:
- “ Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia” (52). “In famiglia la fede accompagna tutte le età della vita”, a cominciare dall’infanzia. (53).
Per questo, attenzione! cari genitori, all’agnosticismo dell’infanzia. All’età di tre o quattro anni i bambini devono già familiarizzare con il nome di Dio nella preghiera. Attenzione al perfido gioco di trasformare la verità del Natale in fiaba, e di trasformare la fiaba del folclore in verità del Natale.
Non pochi bimbi sanno chi è babbo Natale e non sanno chi è Gesù; sono agnostici. E’ lo stesso natale di Maria a restituire la verità del Natale di Gesù. Senza la fede l’infanzia è senza luce. - La straordinaria celebrazione della natività di Maria accende una seconda luce sull’orizzonte confuso del nostro tempo: essa restituisce alla vita l’assoluto primato creaturale: al vertice della scala dei valori umani non c’è la libertà, con il potere di fare scempio della vita. C’è la vita, il valore sommo, da accogliere come dono dalle mani di Dio. Il grembo materno non deve rappresentare una minaccia disinvolta di una cultura di morte, ma il baluardo accogliente della vita che nasce.
- Ma, scrive ancora il Papa,“la luce della fede è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo.” (4), su ogni tornante che sale verso la maturità, davanti ad ogni scelta che prepara il futuro; perché dire vita significa dire vocazione.
Maria, l’adolescente di Nazareth ha saputo interrogare la vita, ha saputo interrogare Dio. Infatti, dopo l’inaudito annuncio dell’angelo, Maria pone la domanda: “ Come è possibile?”.
Il Papa ricorda ancora che “i giovani hanno il desiderio di una vita grande” (53). Il desiderio, però richiede che la domanda sia posta e sia posta in modo intelligente: essa non riguarda cose da fare, ma riguarda il disegno di Dio, il suo sogno, il suo progetto: “Signore che cosa vuoi che io sia?”. - E c’è infine, un tempo della vita in cui è particolarmente urgente la luce della fede, il “Lumen fidei”: l’appuntamento con la croce. “Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona” (56). La fede non è luce che dissipa le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi…”All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto…, la sofferenza ci ricorda che il servizio della fede…é sempre servizio di speranza”.
Accanto alla persona che soffre e vive forse la vigilia dell’ultimo giorno, non è sufficiente la presenza di una professione medica, non servono parole per divagare sul passato. Forse serve la discrezione del silenzio soprattutto la fede, che nella preghiera apre sull’orizzonte luminoso della speranza.
Per questo anche oggi, compleanno della Madre, possiamo ben dire nella fede: “Prega per noi ora e nell’ora della nostra morte, del nostro dies natalis”, nell’ora della nostra Pasqua di luce.