“OBLITERARSI”
Obliterare significa cancellare, annullare, rendere insignificante. Il classico obliterato è un biglietto ferroviario che non può più essere utilizzato. Vuole però dire anche cancellare dalla memoria. I procedimenti di obliterazione si fanno più frequenti quanto più si invecchia, perché l’invecchiamento comporta l’erosione della memoria. Ho voglia di esplorare la funzione di questo verbo in forma riflessiva: obliterarsi. Mi pare che possa significare la capacità non facile di mettersi da parte, rinunciando a tentazioni di protagonismo. Sapere uscire di scena al momento giusto è sempre prova di grande (e rara) saggezza. Recentemente chi ha avuto questa capacità sorprendete, prendendo un po’ tutti in contropiede, è stato il papa Benedetto XVI.
Reputo che a un certo punto si avverta un bisogno fisiologico di obliterarsi, soprattutto quando gli anni cominciano a farsi sentire e con essi la stanchezza. E magari si aggiunge anche qualche acciacco. Ma è possibile obliterarsi solo se il ruolo che si è sostenuto è sostanzialmente inutile oppure ci sia qualcuno disposto a subentrare. E ora veniamo a noi analizzando le possibilità di auto-obliterazione dell’interno della Chiesa.
Già abbiamo visto che per un papa obliterarsi non è impossibile. Pur non essendo mai stato papa, credo che sia sufficiente libero e lucido pensiero per effettuare ovvie misurazioni fra il peso del ruolo e le forze che ancora rimangono. Non mi vedo infatti un papa ultraottantenne sulla pedana del sollevamento pesi. E’ pur vero che fare il papa non è questione di forza fisica, ma anche un po’ di questa perché noi uomini siamo congegnati in modo tale che fisico e psiche si aiutano reciprocamente. Quindi ancora un plauso a Benedetto XVI. Va detto però che solitamente i papi si obliterano per decesso inverando il detto amabilmente cinico “morto un papa se ne fa un altro”.
Per un vescovo credo che sia relativamente facile obliterarsi. In genere si obliterano quando raggiungono i 75 anni, età dunque ampiamente pensionabile. Vengono talora concesse proroghe per cortesia ma, se l’interessato ha irreversibile voglia di obliterarsi, basta che rinforzi la lettera di dimissioni e viene accontentato. Non so però quante volte capiti … L’obliterabilità dei vescovi è resa possibile dal fatto che non mancano preti scalpitanti verso l’episcopato. Ciò è male? A parer mio no, diversamente san Paolo non avrebbe scritto «Se uno desidera l’episcopato, desidera un nobile lavoro» (1 Tim 3,1). Che sia nobile il “mestiere” del vescovo è fuori discussione. Quindi perché vituperare i preti che si sentono di fare il vescovo e lo desiderano più o meno apertamente? Non è detto che un vescovo sia di modica qualità solo perché ha voluto esserlo. La faccenda è diversa se lo è diventato sgomitando. Infondo gli aspiranti vescovi facilitano l’obliterazione di quanti sono arci-stufi di farlo. Dico “di farlo”, non “di esserlo” perché vescovi si rimane in eterno. Mi pare che il papa san Giovanni XXIII, ragionando dei seminari che già sembrano svuotarsi in tempi medi, dicesse: «Pare che comincino a scarseggiare le vocazioni al sacerdozio ma non quelle all’episcopato …».
A questo punto il lettore ha già capito dove vado a parare: sull’obliterabilità dei parroci, ormai praticamente inobliterabili perché manca il rincalzo generazionale. Anche il parroco per correttezza canonica allo scoccare dei 75 anni anagrafici è tenuto a mandare al vescovo la lettera di dimissioni che non viene neppure presa in considerazione perché il vescovo non sa chi mettere al suo posto. Quindi un parroco che ha legittima voglia di obliterarsi può solo aspettare: 1° che arrivi la morte a obliterarlo ; 2° che gli evapori completamente il cervello; 3° che resti inchiavardato su una sedia a rotelle. Tolto il caso di morte, oltre la quale crede prospettive di eternità, l’obliterazione per un parroco, stando così le cose, non potrà mai essere molto allegra.
Fin qui abbiamo ragionato di obliterazioni radicali oscillanti fra morte e pensione. Vi sono pure obliterazioni minori: mi riferisco a carriere a marcia indietro, sempre difficili da accettare per quell’intoppo che è l’orgoglio umano, recalcitrante dinanzi a proposte di trasferimento da una grande a una piccola parrocchia, da posizioni centrali e prestigiose a posizioni dimesse e periferiche. La posizione di Cenerentola non piace neanche nella Chiesa, e non mancano preti che scompaiono dalla circolazione diocesana, solo per un’obliterazione a parer loro ingiusta, come se nei confronti della Chiesa si potessero millantare pretese.
INVITI PERSONALIZZATI
Un sindaco di un paese, ove mi ero da poco insediato parroco, mi disse all’incirca così: «Guardi, non le manderò mai inviti personalizzati alle varie iniziative dell’amministrazione comunale per non vincolarla, in quanto capisco che alcune le possano interessare, altre invece no. Decida lei guardando le locandine». Apprezzai questa liberante delicatezza. Sto pensando se non sia il caso di rispondere a ogni invito personalizzato che mi arriva, con un invito altrettanto personalizzato alla Messa …
Mons. Alberto Albertazzi