Risorge la bellezza della speranza – Domenica di Pasqua

 
 

Chi risorge  è il crocifisso
Nessuna notizia è più sconvolgente di questa: Cristo è risorto. Si riaccende la Vita contro ogni logica di morte. Il sabato è passato; arriva un nuovo giorno. Sembra apparire un’alba triste all’orizzonte, presso un sepolcro. La tomba di Gesù è una tomba come tante, ma c’è una tristezza in più. In quel grembo di roccia non è finito solo il corpo di un amico; è finita, con lui, la speranza di un mondo nuovo, che aveva fatto sognare quel gruppo di uomini che Gesù si era portato dietro sin dalla Galilea.
Sul calvario, davanti al dramma della morte, molti fuggono; così fanno anche i discepoli. Ma dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria vanno a visitare la tomba. Un angelo del Signore si avvicina, rotola la pietra e si pone a sedere su di essa. Le donne hanno paura; ma l’angelo proclama loro il vangelo della risurrezione: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui». E Gesù stesso va loro incontro. Così le prime apostole del Risorto si avvicinano, gli abbracciano i piedi e lo adorano. «Non temete, disse Gesù, andate ad annunciare ai miei fratelli, che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Chi risorge è il crocifisso. Quel volto sfigurato in croce è ora rivestito della potenza di Dio. E la croce che appariva come il segno più drammatico dell’impotenza, è diventata la potenza di Dio nel mondo. Proprio loro, le povere donne di Galilea per nulla considerate, sono le prime inviate da Gesù a dare la notizia che cambia la storia del mondo. E i discepoli tornati in Galilea, nell’estrema periferia di Israele, incontreranno il Signore risorto e di là ripartiranno per annunciarlo fino ai confini del mondo.

Le donne della risurrezione
«La risurrezione di Gesù è la verità fondamentale della nostra fede in Cristo” (Catechismo C.C, 638).
La nuova genesi della storia del mondo ha un nome preciso: risurrezione. Luminosa come la creazione. La comunità cristiana dei primi tempi visse questa verità come il centro dell’esistenza e della storia. Le certezze, la carità, la serenità davanti al martirio, l’amore per l’Eucaristia… tutto si riferiva al mistero pasquale di Cristo.
Anche nel mondo post-moderno, caratterizzato da un relativismo esasperato e dall’indebolimento della fede, pure noi siamo chiamati a “con-risorgere” insieme con Cristo e a “cercare le cose di lassù” come creature nuove.
Alla luce di questa domenica, la prima dopo il sabato, all’inizio della nuova storia, un invito particolare va alla donna cristiana, chiamata ad essere ancora una volta messaggera privilegiata della risurrezione. Sappiamo che sotto i regimi totalitari atei è stata lei, la donna, a salvare la fede e a conservare in famiglia i valori perenni del Cristo risorto.

Il “tu” del supremo e unico amore
Numerosi sono i testimoni che abbiamo incontrato e che hanno rinvigorito la nostra fede nel Risorto. Tra tutti oggi, accogliamo una preghiera commossa di Paolo VI: «Noi vogliamo attestare, a voi Figli e Fratelli, e a quanti della gloria e della speranza del nome cristiano sono rivestiti nel mondo, che Cristo, ancor oggi, è nella storia del mondo, ancor oggi più che mai, Cristo è vivo, Cristo è reale. Vivo e reale, non nella penombra del dubbio e dell’incertezza… Cristo è presente. Il tempo non lo contiene e non lo consuma. La storia si evolve e può assai modificare la faccia del mondo. Ma la sua presenza la illumina… Egli è il gaudio della terra; Egli è il medico d’ogni umana infermità. Egli si personifica in ogni uomo che soffre; finché sarà il dolore sulla terra, Egli se ne farà propria immagine per suscitare l’energia della compassione e del generoso amore. Gesù perciò è sempre e dappertutto presente… Egli è il Maestro, il Fratello, il Pastore, l’Amico d’ognuno dei suoi, il Salvatore d’ogni singola creatura umana che abbia la fortuna di essere da Lui associato come cellula del corpo mistico, di cui Egli è il capo. Ciascuno è autorizzato a chiamarlo per nome, non come personaggio estraneo, lontano inaccessibile, ma come il “tu” del supremo ed unico amore, come lo Sposo della propria felicità che misteriosamente è più vicino di quanto ciascuno che lo cerchi può immaginare, come è stato detto: “consolati, tu non mi cercheresti, se già non mi avessi trovato».
Forse è opportuno rileggere questa preghiera: per rimeditarla, interiorizzarla e conferire nuovo vigore alla nostra debole speranza.