Ruminazioni Mentali (Parte 1)

 
 

Avevo filastroccato verso la fine dello scorso anno che il foglio diffuso dal soprascritto avrebbe perso la cadenza mensile, ma sarebbe diventato occasionale. Demolire la grafomania è impresa ardua. Continuo a scrivere sul retro del programma di settimana, ove si riporta l’orario liturgico nelle varie parrocchie e altri eventi di portata locale. E sul retro, dicevo, scrivo quello che mi frulla. Quando scrivo qualcosa che reputo di interessa generale, oserò girarlo ai destinatari dell’estinto foglio mensile. Se disturba, esiste il cestino cartaceo e digitale. Alcuni lo riceveranno due volte, ma non ho voglia di star lì a potare le liste-mail. E allora cominciamo!

EPOCA POST …

A  scuola  mi  avevano  insegnato  che l’era moderna è iniziata con la scoperta dell’America (1492). Adesso per cambiare epoca bisognerebbe scoprire un nuovo continente? Penserei di no. Ho sentito dire che papa Francesco, a chi gli faceva notare che siamo in un’epoca di cambiamenti, avrebbe risposto che siamo in un cambiamento d’epoca! Risposta ben più radicale e globalizzante. Non sono i continenti che fanno cambiare epoca, ma sono gli abitanti dei medesimi – ossia noi esseri umani – che la fanno cambiare. Si sente infatti parlare di epoca post- moderna per le infinite novità prodotte in ogni settore di vita in questi ultimi decenni. Partiamo pure soltanto dalla seconda metà del secolo scorso: menziono una per tutte il digitale con i suoi annessi e connessi.

Ma si comincia anche a parlare di epoca post-cristiana. A parer mio ci sono gli estremi: Dio interessa sempre meno, la vita eterna è cancellata dal diffuso orizzonte mentale. I sacramenti a schiera –  prima comunione e cresima – sono scippati con la formula “mordi e fuggi”, ossia: “ricevi questi sacramenti così facciamo un bella festa in famiglia, poi in chiesa puoi anche non farti più vedere”. Il sacramento del matrimonio, se richiesto,  risulta   estremamente fragile; ma si tende diffusamente a preferire la libera accoppiata più o meno  feconda.  La  confessione,  che una volta a Natale e Pasqua assediava i preti in confessionale, è vertiginosamente caduta in disuso perché non si sa più che cosa siano il peccato e le sue conseguenze al tribunale di Dio. All’unzione degli infermi, già estrema unzione, sono preferite flebo e intubazioni che prolungano crudelmente una vita fasulla. Sì, fasulla perché la vita è vita se uno ce la fa a tirare avanti con i suoi mezzi, magari con supporto farmaceutico. Ma vivere per tempi imprecisati agganciati a terrificanti marchingegni più o meno sanitari, è barare al gioco! I preti sono in catastrofico crollo numerico. Qualche numero? Nella diocesi di Vercelli, la nostra, dal 1999 a oggi, se ho contato giusto, sono morti 79 preti; e ne sono stati ordinati 16. Saldo negativo – 63! Solo il battesimo resiste, ma non si sa di preciso con quali intenzioni lo si chieda.

Aggiungiamo che – almeno dalle nostre parti perché non ho riscontri altrove – estinta l’attuale generazione di pensionati le messe festive saranno sostanzialmente deserte. Mi pare dunque che sussistano gli estremi per parlare di epoca post-cristiana al gran galoppo. Che fare? Ciascuno fa quello che può, con i mezzi che ha. Io personalmente, in epoca covid, ho rimodulato il catechismo in “catemessa”, ossia il contributo

catechistico nel quadro liturgico della messa. Risultato? Pochissime iscrizioni. Mi spiace? Niente affatto: se conservano un legame con la Chiesa sono ben contento; se la mollano subito, ho la magra consolazione di avere sprecato meno sacramenti! In ogni caso l’amicizia con le persone non resta compromessa. La pari ideologia consolida di certo l’amicizia, la quale tuttavia può sussistere anche con differenti visioni della vita.

Allargando lo sguardo la Chiesa italiana si sta organizzando verso il fabulato sinodo. Già si fanno riunioni, circolano documenti, programmi, inchieste. E’ un po’ la mania dei nostri tempi. Ma tutto sembra appiattito sul sociale. Intendiamoci: un sociale finalizzato agli scopi della Chiesa, ossia alla diffusione e consolidamento del Vangelo. Si coglie un’immagine di Chiesa ansiosamente indaffarata nelle faccende del mondo, in definitiva sguazzante nel sociale. Diceva un prestigioso giornalista che la religione è ormai ridotta a sociologia. Come dargli torto, se l’uomo le interessa più di Dio e questa vita più dell’altra? Se continua a mantenersi questa ottusa censura sull’eternità, la religione non serve a niente! Gesù ha parlato di questa vita ma in manifesta funzione dell’altra, nella sua ambivalenza mai da tacersi se e quando si viene sull’argomento.

Noi preti, nelle omelie funebri, siamo più o meno soliti sfalsare l’eternità con un riabbraccio fra noi e naturalmente con il defunto di turno, tacendo o solo fiorando il momento contemplativo su Dio nell’eternità, se andata a buon fine. Perché la dobbiamo riciclare su un miglioramento delle vita presente, senza che ci sia uno sfavillante salto di qualità? Queste cose le penso fin da bambino, e più mi avvicino, più mi intrigano piacevolmente.

La Chiesa con esagerato zelo sembra optare per un paradiso in terra, garantendo a tutti un minimo di decente vivibilità. Fa bene, ma se si limita a questo, bisogna cancellare dal Vangelo di Luca “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio” (6,20). Solo la riscoperta dell’eternità conferisce valore autentico e genuino ai sacramenti summenzionati, come strumenti indispensabili per un buon assestamento definitivo nel regno di Dio, di cui sono soltanto scintille in questa vita.

A incremento di quanto brontolato aggiungo l’usanza di applicare sulla domenica intenzioni parassitarie di tonalità sociale. Eccone qualcuna: domenica dell’infanzia missionaria, della lebbra, della vita, dei lavoratori, dell’Università Cattolica, del sostentamento del clero, carità del Papa, del mare (!?), dei giovani, nonni e anziani, migrante e rifugiato, e varie altre ancora: tutte puntualmente annotate sul calendario liturgico regionale! Possibile che la domenica non possa sempre essere solo di Dio e per Dio? Alla maggior parte di queste “giornate” in chiesa non si dà risalto, per fortuna.

Tutto questo a parer mio è ben più preoccupante delle poco edificanti e molto fabulate vicende di abusi sui minori nonché malversazioni economiche per importi che vanno un po’ oltre la questua domenicale! Certo, sono cose agghiaccianti, ma restano sostanzialmente episodi che si sono accumulati nel tempo per esplodere mediaticamente in simultanea. Noi ecclesiastici non facciamo una gran bella figura! Ma se la Chiesa tace l’eternità, o poco ne parla, si auto-decapita dei suoi valori supremi.