S. Natale A.D. 2022

 
 

la Comunità della Trasfigurazione commenta il Vangelo di Lc 2,1-14

La gloria del Signore ci avvolge di luce

«Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete… Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco». Così recita il brano di Isaia (9,2), prima lettura della notte di Natale.

Un brano che in questo anno 2022 suona strano alle nostre orecchie e a cui il nostro cuore ateo potrebbe porre qualche domanda: come possono nascere gioia e letizia se in tutto il mondo, e anche non lontano da noi, le divise dei soldati sono ancora intrise di sangue e i loro passi si sentono rimbombare sulla terra? E tuttavia crediamo alla fedeltà di Dio e il nostro cuore di figli vuole aprirsi alla fiducia e ritenere vera la promessa di Isaia.

Luca ci rivela, infatti, che essa si è realizzata e può ancora compiersi per noi, purché vengano poste le premesse per accogliere questo figlio. Per entrare nel mondo, Dio deve trovare spazio. È una legge inesorabile, che rivela la delicatezza di Colui il quale, pur essendo onnipotente, non forza la nostra volontà e non si impone. Come dice un santo della Chiesa ortodossa, Porfirio: «Cristo è gentile. Sta fuori dalla porta della nostra anima e bussa con delicatezza». Gentile e delicato Gesù lo è stato ancor prima di nascere, bussando al cuore della Vergine e ai sogni di Giuseppe per farsi accogliere in questo mondo ed essere il “Dio con noi”. Dobbiamo però aprire la porta, altrimenti i passi dei soldati continueranno a rimbombare sulla nostra terra, finché noi porremo resistenza al suo dono.

Per contrasto con la durezza di cuore dei potenti, una durezza che, scrutando con attenzione il nostro mondo interiore, possiamo ritrovare anche dentro di noi, Luca ci presenta la docilità di Maria, l’obbedienza di Giuseppe e l’apertura di cuore di questi personaggi senza nome, che da secoli popolano i nostri presepi: i pastori. È forte il contrasto fra l’inizio del brano, dove un potente sembra avere in mano le sorti di “tutta la terra”, e la sua continuazione: non è all’imperatore, infatti, che Dio annuncia la notizia sconvolgente che cambierà le sorti del mondo. La sua scelta si orienta, invece, verso coloro che sanno vegliare nella notte, verso chi ha il cuore semplice e si lascia interpellare dal mistero, da quanto può confondere il cuore dell’uomo, abitato dal timore anche quando è un angelo, un messaggero di Dio, a presentarsi.

La paura, tuttavia, non ostacola né impedisce l’agire di Dio ed ecco che la gloria del Signore li avvolge di luce. Una luce che non rappresenta unicamente il segno della presenza di Dio, ma esprime in modo simbolico il mistero del Natale.

“Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio”: ecco il significato del Natale che già vediamo realizzato in questa scena. Al segno semplice e ordinario di un bambino avvolto in fasce corrisponde, infatti, quello eccezionale e imprevedibile che riguarda i pastori, avvolti di luce dalla gloria del Signore. La tenebra, che con il peccato era venuta ad abitare nel cuore dell’uomo, ora lascia spazio alla luce e in questi pastori, rivestiti di quella luminosità che anticipa il mistero della Trasfigurazione e della Pasqua, possiamo contemplare ciò a cui Dio chiama ciascuno di noi e a cui è rivolto, in questo Natale e in ogni giorno della vita, l’invito a rivestirci della luce di Cristo e diventare nuove creature.