Santa famiglia di Gesù

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

In questa domenica fra l’Ottava di Natale in cui celebriamo la festa della Santa Famiglia, il Vangelo termina con queste parole: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Si tratta di parole che approfondiscono il mistero del Natale celebrato qualche giorno fa. Quel Dio che ha voluto assumere la forma di un uomo ha anche accettato di essere sottomesso a tutte le leggi dello sviluppo umano; per questo oggi lo vediamo dodicenne, talmente maturato “in sapienza e grazia” da stupire coloro che lo ascoltavano per “la sua intelligenza e le sue risposte”. Questa crescita interiore si manifesta soprattutto nel modo in cui egli reagisce alla domanda della madre, che lo interpella in merito al suo rimanere nel tempio senza preoccuparsi della partenza dei genitori. La sua risposta è segno di un avvenuto cambiamento; l’adolescenza, infatti, è il momento in cui un ragazzo costruisce la sua identità e per Gesù questo ha comportato la presa di coscienza della sua duplice appartenenza al mondo di Dio e a quello degli uomini. Egli è il figlio di Maria, ma ora sa con chiarezza di essere Figlio del Padre che è nei cieli e ha quindi acquisito una consapevolezza destinata ad approfondirsi con lo scorrere del tempo. Questa maturazione ha sviluppato in lui un’autonomia che gli permette di distinguersi dai genitori, un’autonomia rivelatrice dello stile relazionale che caratterizza la Santa Famiglia. Se Gesù, infatti, si è reso indipendente dai suoi è anche perché loro glielo hanno permesso. A noi, che viviamo in un’epoca in cui i figli sono costantemente geolocalizzati, sembra inconcepibile il ritorno a casa di Maria e Giuseppe senza un previo controllo utile a verificare la presenza del ragazzo in mezzo a loro. È questo un segno della grande stima che essi nutrivano nei confronti di Gesù, stima indubbiamente meritata, ma anche della libertà interiore del padre e della madre, soprattutto di quest’ultima che, pur avendo ricevuto da Dio un compito così impegnativo, non si era sentita in dovere di controllare in ogni istante i movimenti del ragazzo. L’attardarsi di Gesù nel tempio crea un conflitto all’interno della famiglia e Maria chiede conto al figlio del suo comportamento senza sgridarlo o punirlo, ma presentandogli semplicemente una domanda; più tardi egli si porrà nello stesso modo di fronte all’incomprensione dei suoi discepoli, forse anche come conseguenza della stima nutrita per lo stile educativo della madre. La presenza di un conflitto fra queste tre persone che si amano profondamente non deve stupirci, ma piuttosto rassicurarci; la comunione, infatti, non nasce dall’uniformità o dalla simbiosi, ma dalla capacità di confronto, dal tentativo di comprendere e rispettare la diversità dell’altro. Maria e Giuseppe non sanno interpretare le parole del figlio, ma la domanda posta dalla madre ha aperto un varco nel suo cuore e ha creato uno spazio dove custodire tanti interrogativi rispetto a quel ragazzo così unico, interrogativi che ella ha cercato di interpretare alla luce della parola di Dio meditandola nel suo cuore. Dopo il ritorno a Nazareth il comportamento obbediente e sottomesso di Gesù sarà stato per lei fonte di rassicurazione e nel vederlo crescere “in sapienza e grazia” anche la Vergine avrà lentamente maturato dentro di sé una più profonda comprensione del mistero di quella creatura che Dio le aveva affidato.