Sesta domenica di Pasqua

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

Il Vangelo di questa sesta domenica di Pasqua è incluso tra due affermazioni di Gesù in cui i termini “amare” e “osservare” sono accostati in un rapporto di reciprocità e precedono sempre un’azione del Padre. Come interpretare questa sorta di identificazione tra i due verbi? Forse si tratta di qualcosa di più profondo rispetto al dichiarare che chi ama desidera obbedire alla volontà dell’Amato. Qui non è questione di aderire a un comando, ma di entrare in una comunione di vita in cui si pensa e si sente come pensa e sente l’Altro e si vuole ciò che anche Lui desidera. Perché questo si realizzi Gesù rassicura i suoi e rivela loro l’oggetto della sua preghiera al Padre; Egli si rivolgerà a Lui chiedendo per loro il dono di un “altro Paraclito”. Questo Paraclito è “l’avvocato, colui che è chiamato presso” e la sua funzione è di rimanere, di dimorare con noi per sempre. Mentre Gesù, il primo Paraclito, sta per andarsene, chiede al Padre l’invio di una Presenza che dentro di noi mantenga saldo il legame con la sua casa, dove egli va a prepararci un posto. Ed ecco la promessa che rassicura il cuore dei discepoli così come il nostro e lo colma di gioia: “Non vi lascerò orfani”. L’orfananza è la condizione in cui si è privati di alcune dimensioni essenziali per l’esistenza umana: le radici, la cura, l’eredità, l’appartenenza, l’essere presi in carico. Si tratta di una situazione che può riguardare la persona, ma anche la società. Il termine, infatti, descrive molto bene quanto attualmente viviamo in un mondo senza padri, dove ognuno si trova solo a lottare per farsi strada nella vita. La promessa di Gesù, quindi, rinfranca il cuore perché risponde a uno dei nostri bisogni più profondi e ci rassicura: in questo mondo non siamo lasciati in balia di noi stessi o di forze oscure che guidano la nostra esistenza senza che ne percepiamo il senso. Al contrario, siamo custoditi all’interno di una relazione, talmente custoditi che qualcuno dentro di noi – il Paraclito – continuamente intesse quel legame tra il Padre e noi, tra cielo e terra, un legame che ci fa davvero vivere. Per tale motivo i discepoli, ai quali dopo la Pasqua verrà donato lo Spirito Santo, potranno accedere a un’esperienza di cui, invece, il mondo sarà privato.
Essi vedranno Gesù, anche se con gli occhi della fede, grazie a quella comunione di vita che si instaurerà tra di loro e con Lui. Gesù pronuncia tali parole mentre guarda al futuro imminente e rassicura i suoi rivelando loro quali saranno i frutti della sua risurrezione: la partecipazione al legame d’amore che unisce il Figlio al Padre. Ai discepoli turbati, che temono di perdere il Signore, viene così assicurato un dono infinitamente più grande rispetto al rapporto di familiarità e amicizia che ora vivono con Lui: l’intimità e la comunione con la persona amata in cui, senza perdere la propria identità, ogni distanza e ogni confine vengono eliminati.
A questo punto il discorso si apre su di un orizzonte molto più ampio: al “voi” si sostituisce il “chi”. Lo sguardo di Gesù si dilata sul futuro per includere tra i destinatari di questo ineffabile dono non più solo i discepoli ma ogni persona che ama. Anche ciascuno di noi, quindi, può avere accesso a questa comunione, purché si lasci guidare dallo Spirito e impari a vivere secondo lo stile di Gesù.