V domenica del Tempo ordinario

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

Continua la narrazione, iniziata domenica scorsa, della giornata trascorsa da Gesù a Cafarnao. Questo testo ne riassume in modo mirabile le diverse attività che mostrano le sue preoccupazioni, ciò che è importante per lui, quanto gli sta a cuore e, di conseguenza, lo scopo del suo ministero. Nella prima parte di questo racconto lo abbiamo visto recarsi alla sinagoga dove insegna con autorità e poi liberare un uomo da uno spirito immondo. Molto ci è stato rivelato di lui attraverso le sue parole e le sue azioni; ora il racconto prosegue presentandoci Gesù attento alle richieste dei suoi amici con cui si sta recando a casa di Simone e Andrea. La suocera del primo è ammalata ed è spontaneo per loro presentare il problema al Maestro nella speranza che possa guarirla. La prima reazione di Gesù è l’ascolto ed è consolante per noi pensare che tutte le nostre piccole o grandi richieste, o anche la semplice presentazione delle nostre preoccupazioni, non finirà nel nulla, ma troverà sempre un orecchio aperto e un cuore disponibile a farsi carico e condividere con noi quanto ci inquieta. All’ascolto segue immediatamente l’azione: Gesù guarisce la suocera di Pietro e agisce in un modo che rivela ulteriormente il suo essere a favore degli uomini; se, infatti, nel liberare l’uomo dallo spirito immondo si era mostrato forte, fermo e lapidario qui, nel prendere per mano la donna anziana e sollevarla da terra per farla alzare, manifesta un atteggiamento premuroso e ricco di attenzione. Il lettore che incomincia a conoscerlo scopre così che in lui può trovare qualcuno a cui rivolgersi nei momenti di difficoltà suoi o delle persone che gli sono care e un amico a cui confidare i propri problemi. Siamo solo al primo capitolo del racconto marciano ma già possiamo gustare la bontà di Gesù, la sua cura nei nostri confronti. Una cura che sembra dilatarsi sulla misura delle nostre necessità; al sopraggiungere della sera, infatti, gli portano tutti i malati e tutti gli indemoniati mentre la gente si riunisce alla porta della città. Questo “tutti”, che Marco mette in evidenza, sottolinea la profondità del nostro bisogno, ma anche l’ampiezza del cuore di Gesù che opera durante l’intera serata e lo fa con atteggiamento umile, senza il minimo tratto esibizionistico. Ai demoni impedisce di parlare, perché la verità della sua persona non si può percepire in base a un sentito dire ma solo all’interno di una relazione in cui, ascoltando le sue parole e vedendolo agire, si entra progressivamente in contatto con lui. Così come era iniziato con la preghiera il brano si conclude nello stesso modo; non è più la sinagoga, però, lo spazio in cui Gesù intesse il dialogo con Dio, ma un luogo deserto, ideale per entrare in intima comunione con il Padre. I miracoli compiuti suscitano, però, l’interesse della folla; Gesù, tuttavia, non accetta di farsi manipolare, di essere usato per soddisfare i nostri bisogni: non possiamo comperare né la sua disponibilità né la generosità. Per tale motivo, quando coloro che si erano messi sulle su tracce lo raggiungono, egli se ne va altrove; rifiuta, infatti, di diventare un idolo funzionale al nostro benessere e alla soluzione dei nostri problemi. E questo suo “andare altrove” interpella profondamente anche noi, che sempre dobbiamo scegliere tra una religiosità orientata alla gratificazione personale o l’ingresso in una relazione sempre più intima con Gesù.