V domenica di Pasqua Gv 13,31-33a.34-35
Credere significa seguire Gesù
– a cura di Mons. Sergio Salvini –
Di fronte all’amore ci troviamo tutti carenti e impreparati… fragili!
È Gesù stesso a dirci che è facile amare chi ci ama e ci gratifica; è invece arduo voler bene a chi ci è ostile e, non solo, a chi ci ha offeso o procurato sofferenza. Eppure Dio fa sorgere il sole sui giusti e sugli ingiusti, buoni e sui cattivi e ci ha amati tutti fino a donare suo Figlio per noi, proponendoci la misura alta dell’amore: l’amore senza misura, senza rendicontazione di meriti o demeriti dei destinatari. Impresa impossibile se non facessimo memoria della presenza in noi della Trinità, che chiede all’uomo di essere suo collaboratore nella diffusione dell’amore.
Papa Francesco ha affermato che «Gesù è l’amore di Dio incarnato»: facendogli spazio nella nostra vita, diventeremo persone capaci di amare poiché sarà Lui ad amare in noi. Ancora: perché Gesù dice: «Vi dò un comandamento nuovo»? Perché, con esso, stabilisce per l’uomo un modo nuovo di guardare all’altro uomo: con la stessa visuale di Gesù, Uomo-Dio, quindi con gli stessi sentimenti. Infatti, in quel «come io ho amato voi» il primo termine indica non una semplice imitazione, ma un modo di guardare la realtà che corrisponde esattamente a quello di Gesù. In questo comando, ciò che non è possibile comandare è proprio l’amore. Non è possibile comandare l’amore. Si può comandare all’uomo di obbedire, di servire, ma non l’amore. L’amore può essere soltanto offerto, proposto, mai comandato. Gesù, però, vuole contrapporlo ai comandamenti di Mosè. L’unico comandamento distintivo della comunità dei credenti è questo. Perciò Egli annuncia: «Vi dò un comandamento nuovo». Il termine greco «nuovo» indica una qualità migliore, che supera e toglie tutto il resto. Quindi potremmo tradurre: «Vi dò un comandamento migliore». Gesù aggiunge: «Come io vi ho amato» – è questa la qualità dell’amore – «così amatevi anche voi gli uni gli altri».
Alla base dell’unico comandamento della comunità messianica non esiste una dottrina, ma un gesto d’amore che si fa servizio. Se la dottrina divide, l’amore è quello che unisce. Sottolinea quindi il Signore: «Da questo», cioè da un amore che si fa servizio e non si scoraggia di fronte alle risposte negative, «tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri». L’unico segno distintivo della comunità cristiana è un amore che diventa visibile attraverso il servizio e attraverso la proposta; è l’offerta dell’amore anche a chi non lo merita. Gesù non parla di abiti, distintivi, insegne; l’unica caratteristica che deve contraddistinguere la comunità è un amore simile al suo.
Il commento di Sant’Agostino a questo brano del Vangelo di Giovanni precisa con chiarezza: «Per questo ci ha amati, perché anche noi ci amiamo a vicenda. Con l’amarci egli ci ha dato l’aiuto affinché col mutuo amore ci stringiamo fra noi e, legate le membra da un vincolo così soave, siamo corpo di tanto Capo».
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«Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che, dopo un incontro, ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene. È l’amore per gli altri, l’ amore per il prossimo, come il nostro Signore l’ha predicato, il lievito che serve al bene comune» (papa Francesco).