V domenica tempo ordinario Lc 5 ,1-11

 
 

Prendiamo il largo fidandoci di Gesù –

a cura di Don Luciano Condina –

Nel vangelo di questa domenica troviamo Pietro e i suoi compagni afflitti, al termine di una battuta di pesca alquanto deludente. Lavano e riassettano le reti, le mettono a posto e rientrano in buon ordine commentando: “qui non si pesca niente, la giornata è andata male”.

In quel contesto di fallimento appare Gesù, che si serve in maniera strana della barca di Pietro. Gli chiede di usarla come ambone, come luogo da cui predicare e insegnare alle folle. È così che Pietro scopre la parola di Gesù: nel luogo della sua quotidianità lavorativa. È curioso come certe volte proprio queste situazioni di vuoto, di fallimento, diventino opportunità in cui finalmente si sta zitti e ci si mette ad ascoltare. Solo quando le nostre risorse son finite ci lasciamo un pochino guidare. Pietro sta lì, ascolta Gesù e, quando ha finito di parlare, conclude con una frase tanto cara a San Giovanni Paolo II al punto da assumerla come programma per il nuovo millennio: Duc in altum, prendi il largo. Quando le cose sembrano inutili, quando sembra che non ci siano altri spunti da prendere in considerazione, irrompe l’invito di Gesù a esercitare uno slancio di fede: punta in alto! Un invito a lanciarsi, a riprendersi, a non accontentarsi della risposta svalutante che svilisce tutto. È fiducia, è pensare che esiste sempre una nuova iniziativa da prendere, perché c’è sempre una novità che Dio può portare a compimento.

Pietro deve decidere se lasciarsi coinvolgere da questo entusiasmo e pensare che poi possa esserci una svolta oppure terminare la giornata lavorativa nel fallimento. Dio ha sempre una fantasia straordinaria, è il Creatore, per cui fa nuove tutte le cose continuamente; per questo non dobbiamo mai dire di essere arrivati alla fine. Dio arriverà oltre, Dio darà una svolta alla nostra storia, ai nostri fallimenti. Duc in altum è l’invito a non perdere quell’entusiasmo che era stato seminato nel nostro cuore. E Pietro si fida, torna in acqua, non più con le sue convinzioni ma con quelle di Gesù. Vediamo allora che Pietro, sconvolto del fatto di pescare quanto non si sarebbe mai aspettato, dice in ginocchio, davanti a Gesù: «Signore, allontanati da me che sono peccatore».

C’è un fatto interessante in questa frase: è un’informazione che l’apostolo dà a Gesù, come se non lo sapesse. Sottolinea la distanza esistente fra lui, povero peccatore, e quel predicatore che ha annunziato cose grandi dalla barca di Pietro, rendendo possibile la pesca miracolosa. Pietro sembra manifestare questo pensiero: “io con te proprio non ci posso stare, io non c’entro niente, tu sei troppo grande, straordinario”. Come se Gesù non lo sapesse… È proprio questo il cuore della questione. Gesù non sceglie i campioni, bensì i piccoli, affinché si manifesti in loro la gloria di Dio.

Nel vangelo di Luca questa è la chiamata di Pietro, e questo episodio è di fondamentale importanza per il buon Teofilo, destinatario del vangelo di Luca. Viene infatti descritta l’esperienza di obbedire a una parola di Gesù che porta a compimento l’inaspettato, che permette di sperimentare che le nostre reti – prima poco efficaci – diventino invece agilissime, funzionanti, portatrici di grandi soddisfazioni. Qui si deve innestare una riflessione personale essenziale: quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto qualcosa fondando il nostro agire sulla parola di Cristo? Quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto qualcosa sulla fiducia della parola del vangelo? Noi non abbiamo Cristo a portata di mano, però abbiamo la sua parola; e, avendo la sua parola, abbiamo Lui. Se ci fidiamo di quella parola, se proviamo a fare qualcosa sulla sua parola, avremo la possibilità di sperimentare il miracolo, l’abbondanza, la misura di Dio, la misura della sua portata, la sua capacità di raccolta. Che è tutta un’altra rispetto alla nostra.