XIII domenica tempo ordinario Mc 5,21-43

 
 

Preghiamo per il rispetto della vita umana –

a cura di Don Gian Franco Brusa –

Una delle realtà che maggiormente inquieta tutta la vicenda umana è di sicuro la morte. Inevitabile, scende come una spada nell’esistenza di ciascuno e taglia in modo spietato i vincoli più cari e più sacri. La si avverte come una forza nemica, la si subisce come un’ingiustizia. La morte contraddice con violenza il desiderio dell’uomo di vivere e si contrappone alla speranza di immortalità. La vita è un desiderio profondo, universale, insopprimibile, ma l’uomo sperimenta che i suoi giorni sono contati e sente crescere in sé l’angoscia e grida forte il suo bisogno di vita; che, però, è un bene fragile, un’ombra, un soffio, un nulla; e la morte è il destino comune dell’umanità, la strada di ogni essere sulla terra.

Ma Dio, assicura la prima lettura di questa domenica, non è responsabile di questa situazione penosa in cui l’uomo si dibatte. «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi» (Sap. 1, 13). La sentenza è stata pronunciata dopo il peccato dei progenitori. Dio, ricco di misericordia, non ci ha abbandonati al potere della morte, non ha tollerato che rimanessimo immersi nelle tenebre e nell’ombra: ha mandato suo Figlio che, per liberarci da quel potere tremendo, ha voluto anzitutto assumere la nostra condizione umana. E la sua morte non è stata un caso: Cristo l’ha annunciata, l’ha desiderata e l’ha vinta nel momento in cui essa credeva di vincere lui.

Il brano evangelico di questa domenica, presenta appunto il Signore che trionfa sulla morte: Egli è la resurrezione e la vita; è venuto perché gli uomini abbiano la vita, e in abbondanza. Perciò, di fronte alla morte, si turba e freme vedendo la creatura fragile, devastata dal peccato, che Egli ama come Creatore e Redentore. Fattosi obbediente fino alla morte, Cristo ha distrutto la nostra morte, ha vinto l’ultimo nemico. Grazie a lui, essa non ha un carattere definitivo: è un sonno da cui ci si può liberare. «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme» (Mc 5, 39). Dunque, le prende la mano e la esorta: «Fanciulla, io ti dico: alzati» (Mc 5, 41).

Il gesto di Gesù indica l’intervento della mano possente di Dio nell’opera della salvezza. Nella resurrezione della figlia di Giairo c’è l’annuncio del trionfo di Cristo, c’è l’inizio del Regno di Dio che distrugge il regno di Satana. Di fronte alla perfidia del demonio, che trascina l’uomo verso la morte, sta l’amore di Gesù, che guarisce e resuscita.
La vittoria di Cristo sulla morte è un messaggio che ripropone il valore della vita in tutte le sue dimensioni. E giunge opportunamente nel nostro tempo che, dopo aver smarrito il senso della vita spirituale, vede affievolirsi, ogni giorno di più, anche il valore della vita fisica. Quante morti quotidiane potrebbero essere evitate! Dai massacri delle guerre alle stragi per la fame, dalle vite soffocate nel grembo materno alla morte somministrata ai malati per una presunta pietà. Una «danza macabra» che si svolge davanti ai nostri occhi, rischiando di farci quasi abituare a queste tragiche realtà.

Di fronte alle contraddizioni del nostro tempo, Cristo è ancora una volta l’unica risposta e l’unica via di salvezza. Egli è il Redentore dell’uomo nella sua pienezza, di tutti gli uomini. Da lui parte un’onda di vita che aspetta soltanto cuori sensibili e braccia generose per raggiungere tutti gli angoli del mondo. È l’onda della carità: di quell’amore concreto e operoso capace di dedizione e condivisione.

Preghiamo, dunque, in questa domenica perché in ogni angolo della terra venga rispettata la vita umana; preghiamo perché vengano distrutti gli strumenti di morte e ciascuno si senta amato dall’uomo-Dio suo fratello. Talità Kum, ci incoraggia il Signore, invitandoci ad riemergere dal nostro torpore per ravvivare la nostra fede in Colui che è la Vita. La vera Vita.

Buona domenica