XIV domenica del Tempo ordinario

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

Il brano di oggi si apre con una preghiera in cui Gesù si rivolge al Padre chiamandolo “Signore del cielo e della terra”. Al dolce nome di Padre che rimanda a un legame intimo e profondo si accompagna il riconoscimento di Dio creatore e signore dell’universo. Eppure, questo Dio infinito non predilige i sapienti e i dotti, ma nutre un amore speciale per i piccoli, i semplici. Gesù qui intuisce e proclama quanto sua Madre, poco dopo il suo concepimento, aveva già compreso e cantato nel Magnificat: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. Non si tratta di affermare un privilegio riservato ai piccoli e di perpetrare un’ingiustizia nei confronti dei sapienti; ciò che Gesù, riformulando in modo nuovo e personale il cantico di sua Madre, ha capito è l’impossibilità per chi è troppo sicuro di sé, delle sue doti e conoscenze, di aprirsi all’annuncio e all’accoglienza del Regno, le cui leggi sono completamente diverse da quelle del mondo, che invece preferisce i ricchi e i sapienti di una saggezza, però, puramente umana.
Gesù può accorgersi di questa misteriosa propensione del Padre per i piccoli perché Egli è l’unico a essere conosciuto dal Padre e a conoscerlo. Qui il verbo conoscere rimanda a un’intimità profonda, a un rapporto di intensa familiarità come quello che unisce lo sposo alla sposa.
È proprio questo legame che permette al Figlio di conoscere i pensieri di Dio, le sue preferenze, i suoi criteri di valutazione e di condividerli con i piccoli, con gli umili, con quei poveri di spirito che già ora possiedono il Regno dei cieli, come aveva affermato Gesù nel discorso della montagna.
La seconda parte del testo inizia con un invito seguito dalla constatazione di una condizione e da una promessa. L’invito è di venire a Lui, di rivolgersi a Lui instaurando una relazione profonda proprio perché, grazie a questa intimità nata dalla reciproca conoscenza e dall’ascolto della sua Parola, i nostri cuori potranno essere pacificati. L’invito è rivolto soprattutto a coloro che sono stanchi e oppressi, vale a dire a tutti perché chi di noi non conosce la fatica del vivere? Ciò è talmente vero da indurre il nostro mondo a cercare una soluzione, un modo per alleviare la sua angoscia nella meditazione e nelle religioni orientali. La nostra fede, tuttavia, ci offre la risposta vera: si tratta di andare e di imparare da Lui, di apprendere il suo stile di vita basato sulla mitezza e sull’umiltà, uno stile di vita così lontano dagli standard di questo mondo dove tutti tendono a lottare per prevalere sugli altri, ma nello stesso tempo capace di offrirci serenità e ristoro. Non si trova forse la pace nel non voler prevaricare sull’altro, nel riconoscersi creature fatte di humus, di terra eppure amate da Dio? Non ci è dunque richiesto di lasciarci caricare del fardello di una religiosità fatta di riti e di prescrizioni, il giogo della legge che i rabbini imponevano ai loro discepoli, ma di accogliere l’invito di Gesù rivolto a ognuno di noi ad assumere l’impegnativo e tuttavia leggero peso dell’amore.