XIX Domenica Anno C

 
 

don Luciano Condina commenta il Vangelo di Lc 12,32-48

Il Signore ci chiama ad essere pellegrini e pronti al cambiamento

La chiamata a essere tesi, pronti a partire, a servire e, soprattutto, la frase finale della forma breve di questo vangelo: «Tenetevi pronti perché nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Lc 12,40), hanno una sapienza che può apparire inquietante superficialmente. Sembra che dobbiamo abituarci a un continuo stato di timore. Si tratta, invece, di assumere un atteggiamento saggio e sapiente, essere pronti a partire, sempre disponibili ad accettare la nostra condizione di pellegrini.

Chi ha i fianchi cinti e la lucerna accesa è uno che nella notte è pronto a partire.

Vivere richiede accettare il nostro stato di viandanti, di persone che stanno costantemente cambiando, diventando altro e stanno andando verso una meta.

Noi tendenzialmente, siamo sempre innamorati della “stabilità”, cerchiamo un posto dove finalmente fermarci per essere tranquilli, sentirci bene e non cambiare più. Ma il posto fisso che andiamo cercando non esiste, non su questa terra. Perché il nostro corpo cambia continuamente così come la realtà: viviamo nell’illusione di una stabilità; il nostro pianeta gira intorno a un sole che sta viaggiando all’interno di una galassia in movimento.

Percepiamo un’illusione di stabilità reale, mentre siamo persone in cambiamento totale. La realtà ci viene addosso ogni giorno, onda dopo onda, come il mare, ed è sempre nuova; e dobbiamo adeguarci ad essa, saper riconoscere Dio che ci fa visita e ci chiede, nella sua santa provvidenza, cose inaspettate per farci fare dei salti di qualità.

Vive bene chi è pronto a cambiare. Vive in maniera saporita chi è pronto a lasciare le cose, chi è libero, ha i fianchi cinti e la lucerna accesa; ha la pace di chi vive sapendo che tutto ciò che abbiamo è piccolo, di passaggio e siamo nel caleidoscopio della realtà che cambia continuamente i suoi riflessi.

Invece noi vorremmo sempre lo stesso colore, la stessa musica, la stessa sedia e continuiamo a fare progetti per stare tranquilli. La radice di questo atteggiamento è finalizzata ad avere il possesso e il controllo su tutto; abbiamo paura di non averlo, paura di affrontare l’aspetto caotico e imprevedibile della realtà.

Allora Dio viene percepito come un ladro che ci visita e ci espropria, perché le cose non vanno come le pensiamo e ce le aspettiamo noi. La nostra vita è quella di un pellegrino in cui il panorama cambia costantemente: il passo deve variare per affrontare la salita e la discesa, la realtà è difficile, sconnessa e scoscesa.

Bisogna essere pronti a partire, a farsi portar via, a morire. Bisogna essere pronti a lasciare la propria esistenza che non è, per fortuna, tutto quello che ci è destinato: c’è molto di più! Stiamo solo assaggiando briciole di eternità e il sapiente  è colui che si fa dire da Dio qual è la musica che deve eseguire.

Possa il Signore tirarci tutti fuori dalle nostre ridicole tane in cui ci illudiamo di aver fermato la vita. Quanti schemi hanno gli uomini di ogni generazione! Quanti schemi abbiamo pure noi, che crediamo di essere arrivati e aver capito tutto.

Bisogna ricominciare da capo, ogni giorno, per lasciarsi sorprendere, essere sempre persone pronte a partire e a lasciare le proprie sicurezze, come il nostro padre della fede, Abramo. 

Si dice che la vita sia un passaggio. Togliamo una lettera: la vita è un assaggio.