XXII domenica tempo ordinario Mt 16, 21-27

 
 

– La croce che salva è quella di Cristo –

a cura di Mons. Alberto Albertazzi –

Siamo alla grande batosta petrina! Domenica scorsa l’apostolo si è beccato una beatitudine personalizzata, tagliata sulla sua misura, che gli ha meritato le chiavi del regno dei cieli. Questa volta si becca del satanasso! Il famoso e famigerato vade retro satana!. È proprio l’alterna vicenda delle umane sorti, per dirla con Foscolo. Ciò che ha fatto esplodere la bomba è stato il primo annuncio della morte di Gesù, di cui Pietro non riusciva a capacitarsi, neppure essendo risarcita dalla risurrezione. Ce ne saranno altre due (Mt 17,22-23; 20,17-19), che Pietro, imparata la lezione, assorbirà a bocca chiusa.
Il vade retro è correttamente tradotto da Cei 2008 con «va’ dietro a me, Satana». Cei 1974 e altri rendevano con «lungi da me». L’intimazione di Gesù, divenuta proverbiale, non è il classico “fuori dai piedi” ma un più delicato “stai al tuo posto”, “non passarmi davanti”. Era usanza rabbinica infatti che nella scolarità deambulante il maestro precedesse la combriccola, senza che nessuno degli allievi osasse il sorpasso. In questo caso invece Pietro, tronfio per le onorificenze appena ricevute, si mette a fare il maestrucolo a Gesù, cercando di distoglierlo dai suoi progetti di messia sofferente «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8). E lo fa con l’arroganza del rimprovero! Gesù si dice scandalizzato. Perché? Occorre levigare biblicamente il concetto di scandalo. Per noi motivo di scandalo è ciò che va contro la morale corrente; mentre nel linguaggio biblico è ciò che costituisce intoppo, intralcio soprattutto nel comprendonio. È un po’ come se Gesù avesse detto “non passarmi davanti per tagliarmi la strada”.
È questione di mentalità. Pietro, infatti, non ragiona secondo Dio ma secondo gli uomini. È ovvio che una mentalità umana non riesce a capacitarsi di una fine così miseranda per una personalità del calibro di Gesù, che si metterà a scintillare nella trasfigurazione, appena dietro l’angolo (Mt 17,1-9). Né l’esito “anastatico” (in greco anàstasis è risurrezione) della vicenda, peraltro notificato, poteva costituire compensazione; tanto che allo scoccare della seconda profezia della passione, essa pure approdante alla risurrezione, i discepoli «furono molto rattristati» (Mt 17,23). Il travaso su un altro regime di vita non consola chi è troppo attaccato all’attuale. Ecco il differenziale fra il modo di pensare di Dio e degli uomini.
L’occasione è favorevole per enunciare la condizione aurea del discepolato e Gesù non perde tempo: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Già rinnegare se stessi fa caldo. Ma è indispensabile per abbandonare il nostro grufolante pensiero rasoterra e librarci sulla mentalità di Dio. E poi l’accettazione della croce ha più dell’eroico che del patetico. Ma cosa dobbiamo intendere per croce? Le nostre grane, le nostre preoccupazioni, i nostri fastidi? Le nostre sofferenze, i nostri malanni e simili certamente spiacevoli cianfrusaglie esistenziali? Mi pare che sia nobilitarle troppo. Anche se ci capita talora di piagnucolare “cosa ho fatto di male per meritarmi una croce del genere”, non credo che quel tornante vitale meriti il titolo altisonante di croce. La croce è troppo di Gesù per passare su spalle nostrane. A parer mio Gesù vuol dire: “se qualcuno vuole essere mio discepolo riconosca come sua la mia croce, e si sappia salvato dalla croce che ho portato io per lui”. In questo modo, se sono riuscito a spiegarmi, le cose vanno a posto.
Gesù sembra rincarare questo concetto con quel successivo gioco di parole basato su trovare e perdere la propria vita, che può essere strizzato in questo modo: “non crediate di salvarvi da soli, bypassandomi”. Ogni forma di pelagianesimo è così tagliata fuori. Pelagio (354-420) sosteneva infatti che l’uomo, mettendocela tutta, riusciva a salvarsi da solo.
In conclusione torniamo a Pietro: gli è capitato un brutto incidente! Per eccesso di sicumera, divenuto clavigero del regno dei cieli – niente meno – ha creduto di poter dare lezioni a Gesù, e si è sentite le sue. È ciò che capita a chi alza troppo la cresta.