XXIV domenica tempo ordinario Lc 15,1-32

 
 

– La forza dirompente dell’amore –

a cura di Mons. Sergio Salvini –

La misericordia del Padre è parte strutturale del suo disegno d’amore nei confronti dell’umanità ed è il “metodo” attraverso il quale l’umanità viene educata a costruire i propri rapporti interpersonali.

Anche se tutto il Vangelo ne parla, il testo di Luca che più direttamente ne tratta è il capitolo 15. Questo, infatti, è tutto incentrato sulla misericordia divina come criterio del nostro rapporto con il Padre. Il testo è diviso in due tronchi: il primo (1-10), propone le due piccole parabole della dracma e della pecora ritrovate; il secondo (11-32) è quella del figliol prodigo. Una breve introduzione precede i tre racconti, narranti una perdita: la dracma, la pecora, il figlio.

A quel tempo ogni rabbino aveva il suo entourage e le persone che gli erano accanto permettevano di comprendere la scelta pastorale del maestro. Coloro che si accalcano attorno a Gesù sono una folla di pubblicani e peccatori.

I farisei e gli scribi assistono a ciò che sta accadendo e il comportamento di Gesù è una continua occasione di confronto interiore, di messa in discussione. Non dobbiamo considerarli con negatività, ma come ben intenzionati nello sforzo di comprendere chi sia questo Messia. Gesù capisce e comprende che il problema non è la loro cattiva fede, bensì il loro punto di partenza: non può non portare a conseguenze errate. Qui sta la portata fortissima dell’insegnamento di Gesù, valido anche oggi.

All’interno di certe categorie di pensiero tutto sembra ovvio, chiaro, e solo uscendo da questi criteri angusti e presuntuosi si può ritrovare il senso di quello che noi incontriamo e con cui ci misuriamo. Il senso del gregge e del comportamento del pastore è la logica che le 99 pecore sanno custodirsi da sole, perché hanno in loro le indicazioni della legge. Sono i giusti e sono la maggioranza.

Qui si allude al popolo di Israele, che osserva la legge con scrupolo e, come tale, partecipa già della pienezza della legge stessa, e del gregge di popolo eletto prezioso agli occhi di Dio. Ma c’è qualcuno, una piccola minoranza – non per questo meno preziosa agli occhi di Dio – che si è allontanata dalla legge.

La “buona novella” è annunziata anche per lei e proprio chi ne fa parte è oggetto delle cure più attente e premurose del Padre: Gesù si china e recupera con l’amore la dimensione perduta. Questo per far capire come anche le persone che hanno sbagliato, le più deboli e fragili, debbano essere oggetto del bene e di un’attenzione particolare.

Il pastore che va a cercare la pecora smarrita, la trova e se la mette sulle spalle riportandola a casa: questa è la forza dirompente del Vangelo, è la novità dell’annuncio che Gesù vuol trasmettere a coloro già sicuri dell’appartenenza al Signore. Non esiste contrapposizione tra legge e amore, ma una complementarità: l’una senza l’altra non hanno senso.

E forse, qui, troviamo il punto di contatto tra la Chiesa e il popolo di Israele: una legge che va osservata alla luce dell’amore.