XXV domenica del Tempo ordinario

 
 

A cura della Fraternità della Trasfigurazione

Il protagonista del Vangelo di oggi è un padrone, proprietario di una vigna. Le azioni che egli compie meritano attenzione: in primo luogo egli “esce”; ciò significa che non è chiuso nel suo mondo, esclusivamente interessato alla sua proprietà. Al contrario, egli chiama altri a condividere un impegno che diventa comune: il lavoro nella vigna, a cui gli operai contribuiscono con la loro attività e il padrone attraverso l’offerta di un compenso. Osservata da questo punto di vista, la parabola può richiamare le prime pagine della Genesi, quando Dio prende l’uomo e lo pone nel giardino di Eden, perché lo coltivi e lo custodisca (cf Gen 2,15). È un grande dono diventare collaboratori di Dio nel coltivare la sua vigna, con-creatori con Lui nell’edificazione del suo Regno. Un dono che, suggerisce il testo, egli riserva a tutti, operai della prima o dell’ultima ora. Osservata da questa prospettiva la parabola rivela l’ampiezza del cuore di Dio, il suo desiderio di salvezza per ogni uomo, quel desiderio custodito nel cuore della Trinità che indusse il Figlio ad assumere la nostra carne e a venire “ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). La parabola, tuttavia, può essere osservata anche da un’altra prospettiva: quella dell’uomo che fa fatica a entrare in una dinamica di gratuità e di dono, ma preferisce adottare un altro tipo di criterio per valutare la realtà. Si spiega così la reazione degli operai della prima ora, che mormorano contro il padrone ritenendolo ingiusto. Egli, infatti, non valuta secondo quella giustizia distributiva che essi invece hanno adottato, in base alla quale hanno dimenticato la promessa del padrone e si sono creati false aspettative. L’errore di questi operai, però, non sta tanto nel tipo di giustizia da loro applicata quanto nello sguardo che essi posano sui fratelli, uno sguardo che giustamente il padrone definisce “invidioso”. È il bisogno di confrontarsi con l’altro, l’incapacità di gioire del suo bene, il voler avere di più: è questo il vero male che affligge coloro che vanno via mormorando. Essi hanno assunto un atteggiamento rivendicativo, sono attenti a preservare solo i loro diritti e pretendono di essere privilegiati rispetto agli altri per il solo fatto di aver lavorato di più. Questi uomini non conoscono il punto di vista e il modo di comportarsi del padrone. Valutano il loro lavoro in base al principio di dare-avere e non conoscono la gioia del condividere; proprio quella gioia che ha indotto il proprietario a renderli partecipi del suo desiderio di favorir la crescita e lo sviluppo della propria vigna. Essi sono anche insensibili di fronte alla sua gratuità; ritengono, infatti, di meritare una ricompensa perché hanno compiuto il loro dovere. Dimenticano, però, che il padrone non era obbligato a chiamarli e che, di conseguenza, anche il poter lavorare nella vigna è frutto di un dono gratuito, così come lo è il salario uguale per tutti. La parabola è quindi un invito a guardare a Dio Padre come a Colui che dona gratuitamente, senza riserve a chi accoglie il suo invito, nessuno escluso, e a condividere il suo desiderio di comunione con Lui e con i fratelli.